Silvio incalza il Colle sui processi: si assuma le sue responsabilità

Dopo la decisione della Corte di Milano sul caso Mediaset, l'ex premier è convinto che i pm vogliano condizionare il voto dai tribunali

Silvio incalza il Colle sui processi: si assuma le sue responsabilità

Roma - Forse Gianni Letta avrebbe preferito seguire i soliti canali riservati, ma pare che ieri mattina Silvio Berlusconi fosse più che determinato. È arrivato il momento - è stato il senso delle sue parole - che «tutti si assumano la responsabilità di questo schifo». Il Cavaliere ce l'ha con la decisione della Corte d'appello di rifiutargli il legittimo impedimento durante questo mese di campagna elettorale, nonostante la disponibilità a che si sospendessero i termini della prescrizione. Processualmente, insomma, non cambierebbe nulla e lo stop darebbe di soli 25 giorni. E il fatto che nonostante questo i magistrati si rifiutino è per Berlusconi la conferma che «ancora una volta cercano di condizionare il voto con i processi». Non solo quello sui diritti tv arrivato al secondo grado, ma anche quello Ruby che ancora in primo grado. Con una strategia che secondo il Cavaliere e i suoi legali sarebbe chiarissima: arrivare alle urne con l'accusa che sventola la sua requisitoria nel processo Mediaset e magari con qualche altra deposizione pruriginosa sul caso Ruby.
È per questo che l'ex premier non ci gira troppo intorno: ora devono assumersi tutti le loro responsabilità, compreso Giorgio Napolitano che del Csm è il presidente. Così, è nelle cose che durante la conferenza stampa a via dell'Umiltà, Berlusconi scelga di lasciare rispondere Angelino Alfano quando i giornalisti gli chiedono un commento sul «no» al legittimo impedimento. E l'ex Guardasigilli ci va giù duro: «È scandalosa la decisione dei giudici di Milano che vogliano semplicemente impedire a Berlusconi di fare campagna elettorale». «Il calendario delle udienze - aggiunge - paralizzerebbe Berlusconi. Quanto è accaduto oggi è meritevole di un intervento del presidente del Csm Napolitano». Un appello pesante e che chiama direttamente in causa il capo dello Stato su una questione spinosa e che è peraltro destinata ad avere molti strascichi. Appello reso ancora più forte dalle dure prese di posizione dei big del Pdl, compresa quella del presidente del Senato Renato Schifani («ciò che accade a Milano è increscioso»).
Una partita lunga e che potrebbe chiudersi nella prossima legislatura. Con il tentativo - questa è la convinzione dei legali del Cavaliere - di ottenere una sentenza di condanna per i diritti tv in Cassazione entro fine anno. A quel punto, la palla passerebbe alla giunta per le elezioni del Senato (Berlusconi è candidato a Palazzo Madama) che in base alla legge sull'incandidabilità potrebbe far decadere il Cavaliere. Con un dettaglio: anche se il voto in giunta fosse pro Berlusconi la magistratura potrebbe sollevare conflitto d'attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Insomma, il fronte giudiziario è tutt'altro che chiuso ed è per questo che l'ex premier ha voluto lanciare subito un segnale netto a Napolitano. Questa volta - è il senso del messaggio - non mi farò problemi a chiamare in causa il Colle.
D'altra parte, sul processo Mediaset i segnali sono da tempo preoccupanti se è vero quel che scrive Enrico Costa in un'interrogazione parlamentare.

Pur di ridurre i tempi e arrivare con la requisitoria durante il voto, un tribunale collegiale ha depositato le motivazioni contestualmente alla sentenza di condanna. Una cosa che a Milano, dice Costa, non era mai successa prima.

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