Riorganizzarsi, tagliare, chiudere. Se tutto va bene, e il Senato non stravolgerà il testo del decreto legge, anche per i partiti - dopo famiglie e aziende italiane - toccherà stringere la cinghia, finora larghissima. Meno 20 milioni di euro l'anno prossimo, meno 45 nel 2015, meno 60 nel 2016, fino a zero euro pubblici nel 2017 con la legge a regime. Via le sedi inutili, gli affitti di troppo, i viaggi e ristoranti, i dipendenti e i consulenti a libro paga del partito. La spending review è già iniziata col taglio (si fa per dire) a 91 milioni di euro, rispetto ai 180-200 degli anni precedenti, fatto nel 2012. Il Pdl, ora impegnato in un passaggio di consegne amministrative a Forza Italia, ha già lasciato a casa una quarantina di persone, tra segreterie delle sedi periferiche (che sono state chiuse) e contratti a progetto non rinnovati.
Il problema del personale però rimane, visto che il Pdl partiva da più di 200 contratti (tra assunzioni e collaboratori) e ora viaggia sui 150-160, ancora da ricollocare. Non tutti, fanno capire fonti Forza italia, potranno essere assorbiti dal nuovo partito berlusconiano. Che ha sempre il Cavaliere dietro (ma c'è un tetto massimo di donazioni fissato a 300mila euro per lo stesso donatore, una legge contra personam denuncia Sandro Bondi, commissario straordinario di Forza Italia), ma non avrà più i finanziamenti ricevuti negli anni passati dal Pdl. Una montagna: 180 milioni di euro solo per le elezioni 2008, più tutto il resto. Sono le cifre a cui il finanziamento pubblico mascherato da «rimborso elettorale» ha abituato i partiti della Seconda repubblica. Tutti milionari, e spendaccioni. Ora dovranno rifare i conti, con la forbice in mano. «Nella sede nazionale del Pd c'è una preoccupazione palpabile tra i dipendenti» racconta un parlamentare democrat. Per la «Ditta», l'apparato Pd, il calice offerto da Letta a Renzi è molto amaro da mandar giù. Ed è reso peggiore da un sospetto. Che la «sorpresina» annunciata dal nuovo segretario, sia la rinuncia anche ai finanziamenti pubblici ridotti per i prossimi tre anni, prima dell'abolizione del 2017. Per ottenere in cambio, da Grillo, la nuova legge elettorale che sta cuore a Renzi (il sindaco punta al voto). «Sarebbe un disastro, il partito chiuderebbe, e forse questo a Renzi non dispiace neppure» ci dice il parlamentare Pd. Ma già il taglio progressivo del prossimo triennio avrà delle conseguenze per il Pd. I dipendenti del partito sono 190 (di cui una trentina in aspettativa), più sei collaboratori. Un organico incompatibile col nuovo finanziamento, che sarà privato (va detto che il Pd ha molti aiuti privati da cooperative, aziende e anche banche, com'è successo per Mps. Nel 2012 hanno ricevuto 408mila euro) più il 2 per mille, che è tutta un'incognita. Un problema mantenere anche tutte le sedi provinciali (una per provincia) e regionali, che sono finanziate con trasferimenti dal nazionale. Chiusure, e licenziamenti inevitabili. Duri da digerire per il partito dei lavoratori, riferimento della Cgil. Meno male, per loro, che nel testo approvato dalla Camera e trasformato dal Cdm in decreto legge, c'è un articolo che prevede l'estensione della cassa integrazione anche ai partii e movimenti politici. Con uno stanziamento (preso dai soldi risparmiati dal finanziamento) di 15 milioni di euro per l'anno 2014, di 8,5 milioni di euro per l'anno 2015 e di 11,25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016.
Più problemi per i grandi partiti con grandi apparati. Meno per quelli small, come l'Idv, che hanno mantenuto una cassa florida, con 16 milioni di euro tra depositi bancari e investimenti. Floridissimi sono anche i conti dell'ex An, oggi Fondazione, ricca di immobili (una settantina) e milioni. E persino la Lega Nord, malgrado le ruberie della precedente gestione, ha ancora una disponibilità liquida di 23 milioni di euro (bilancio 2012). Anche l'Udc in banca si ritrova un tesoretto di 3,8 milioni di euro. Mica spiccioli.
Troppo facile, però, con un finanziamento pubblico che dal '94 ad oggi ha regalato quasi 3 miliardi di euro ai partiti. Un finanziamento «illegale», dopo il referendum abrogativo del '93, secondo un ricorso della Corte dei conti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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