La linea «soft» del Cavaliere dà la scossa a falchi e colombe

Berlusconi precisa dopo il colloquio con il Giornale: "Danni da chi urla al di fuori del nostro partito". Il rebus Cassazione resta al centro del dibattito

La linea «soft» del Cavaliere dà la scossa a falchi e colombe

Roma - Il Pdl è un partito shakerato. Dopo l'intervista di al Giornale, nella quale il Cavaliere detta la linea-Scottex, ossia linea morbida che più morbida non si può, succede che le colombe diventino falchi. Nei confronti dei falchi, però. «Visto? - È il loro ragionamento -. Anche il capo pensa che urlare fa soltanto danni». Ruggini tra sensibilità diverse che continuano a incrostare gli ingranaggi del Pdl e che vengono tenute nascoste sotto il tappeto. Forse l'unico che detta alle agenzie di stampa una dichiarazione pepata è l'ex capogruppo, Fabrizio Cicchitto che pone l'accento sul passaggio in cui il Cavaliere dice di non essere aiutato da posizioni estreme: «Berlusconi dà a tutti, amici e avversari, una notevole lezione di politica», sostiene Cicchitto. Che poi graffia: «C'è un richiamo di fondo a quello che era nel passato e dovrà essere nel futuro la natura di Forza Italia, un grande partito moderato e riformista, non un gruppuscolo estremista e autolesionista che urla, sbraita, insulta e minaccia cosiddette azioni esemplari prese a prestito dal repertorio dei No Tav». Solo più tardi arriverà la nota ufficiale di Berlusconi in persona: «Nel colloquio con Paolo Guzzanti rilevo un'inesatezza che potrebbe dar luogo a spiacevoli equivoci. Quando si parla di danni provocati “da tutto ciò che è urlato” è evidente che mi stavo riferendo a quanto proviene dall'esterno del nostro movimento e non certamente a voci interne del Pdl». E ancora: «Mai come in questo momento tutto il PdL e il nostro gruppo dirigente, al di là di sigle giornalistiche di comodo, sono uniti e concordi, vicini a me nella difesa di quei valori e di quei principi che stiamo sostenendo insieme da vent'anni».
Naturalmente c'è chi fa il seguente ragionamento: «Nel Pdl c'è chi finge di non capire quello che è sempre accaduto: il nostro leader viene massacrato dai giudici da una vita, a prescindere che faccia il responsabile o meno. Anche in passato è stato convinto che mostrandosi docile avrebbe calmato il furore delle Procure. Beh... Non è mai accaduto». Dietro la rassicurazione dell'anonimato, un pidiellino si sfoga: «La vera verità, al di là di falchi e colombe? Il grosso errore è stato quello di non risolvere alla radice il problema giustizia quando avevamo i numeri per farlo. Anche se è vero che sembra facile a dirsi ma è stato difficilissimo a farsi. Prima Casini, poi Follini e Fini... Risultato: in questo Paese comanda la Boccassini...». Daniela Santanchè rifiuta distinzioni ornitologiche: «Ma basta con questa storia di falchi e colombe. Non hanno vinto né gli uni né gli altri: siamo tutti uomini interessati a che vinca la giustizia e la verità. E siamo tutti uniti nel combattere per riformare la giustizia di questo Paese».
Resta il dilemma: condanna o assoluzione in Cassazione? «È come se i magistrati debbano tirare il rigore a porta vuota e senza portiere - ammette un parlamentare -. Il sogno della loro vita si sta avverando: far fuori il nostro leader. Certo, possono anche spedire la palla il tribuna, magari inciampando nella zolla-Napolitano. Ma temo di sbagliare».

Le colombe in effetti pensano che sì, toni bassi, linea Coppi e capo dello Stato supremo difensore del governo delle larghe intese siano tutti elementi che potrebbero favorire «l'errore nel penalty». Ma c'è chi scuote la testa: mai successo e mai succederà perché in fondo «i magistrati se ne fottono dei governi. Vedasi il governo Prodi, bombardato dai pm con l'inchiesta all'allora Guardasigilli Mastella».

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