Roma - L'accordo con Berlusconi sulla spartizione della Mondadori era stato appena firmato e Carlo De Benedetti sembrava tutt'altro che affranto. «Non ci sono né vincitori né vinti, i veri vincitori sono le aziende che da oggi possono ripartire con serenità», diceva l'ingegnere nel 1991 in un'intervista al Tg4 in cui incensava e faceva gli auguri all'antico rivale che tanto «bene aveva fatto in Italia».
Rispolverata nel 2013, dopo la notizia della condanna al maxi risarcimento che la Fininvest dovrà versare a De Benedetti, quell'intervista sembra paradossale. L'ingegnere non aveva affatto l'aria di un imprenditore che avesse appena subito un torto. Tutt'altro. Sembrava rispondere con serenità alle domande del giornalista su quell'accordo che lasciava a lui il controllo di Repubblica, dell'Espresso e dei giornali Finegil mentre tutto il resto, compreso Panorama, passava al Cavaliere, già proprietario del Giornale e delle Tv commerciali. Era stato Giuseppe Ciarrapico il regista di quella mediazione dopo che il lodo Mondadori, che aveva dato ragione a De Benedetti sulla spartizione del gigante editoriale, era stato annullato dalla Corte d'Appello di Roma e il gruppo era tornato nelle mani di Berlusconi.
Lo strapotere del Cavaliere, però, preoccupava la politica, Andreotti temeva che la sua vittoria si trasformasse in una vittoria di Craxi, come raccontava in un'intervista il principe Carlo Caracciolo, grande amico di Ciarrapico nonostante le simpatie fasciste di quest'ultimo e la noblesse oblige dell'altro («ci piace mangiare la pajata insieme e bere Brunello di Montalcino»).
Ne parla anche De Benedetti dello zampino di Ciarrapico nella guerra di Segrate. «Alla fine Caracciolo ha tirato fuori dal cappello questo coniglio di Ciarrapico - spiega - e visto che le cose si giudicano dai risultati è servito, ha fatto un buon lavoro, ci ha portato ad un accordo, bene così». Bene così, dice. L'accordo, insomma, gli andava bene. Tanto da fare a Berlusconi «tanti cari e affettuosi auguri». «Auguri, ma veramente, per il successo delle sue tante imprese». Nessun rancore, apparentemente: «È una persona che certamente ha fatto bene in Italia, ha dato notevole impulso all'immagine dell'imprenditoria italiana all'estero. Sicuramente il Cavaliere ha tanti programmi davanti a lui e il mio augurio è che gli riescano tutti».
All'epoca, certo, non era ancora saltata fuori Stefania Ariosto e la Procura di Milano non aveva cominciato ad indagare sulle rivelazioni della «testimone Omega» che avrebbero portato alla condanna per corruzione degli avvocati Cesare Previti, Giovanni Acampora e Attilio Pacifico e di uno dei tre giudici della sentenza di annullamento del lodo, Vittorio Metta. Ma a prescindere dalle vicende giudiziarie, questo accordo sembrava aver soddisfatto il De Benedetti imprenditore, che appariva convinto dopo la firma. Nell'intervista rivela anche i dettagli economici del patto: «Al gruppo Fininvest vanno circa 1.200 miliardi per quanto riguarda la totalità dell'82 per cento del gruppo Espresso che contiene il 100 per cento di Repubblica e di Finegil e poi la cartiera di Ascoli che paghiamo per i 180 miliardi che ci sono dentro».
Il resto è storia recente, con la Cassazione che deve pronunciarsi sul maxi risarcimento deciso dal Tribunale civile di Milano nell'autunno del 2009, una somma che in appello è stata ridotta a 564 milioni di euro e sulla quale qualche soltanto giorno fa il Pg ha chiesto che venisse applicato uno «sconto» del 15 per cento.
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