La bomba Datagate rilascia i suoi venefici effetti ora dopo ora, mettendo sotto forte stress i rapporti tra gli Stati Uniti e i loro alleati europei. La notizia lanciata dal solito Guardian, secondo cui la National Security Agency americana spia 35 leader mondiali è rimbalzata nel bel mezzo del vertice europeo, scatenando reazioni forti.
Fa impressione sentire il presidente della Commissione Ue paragonare le mosse degli 007 americani a quelle degli agenti della famigerata Stasi della defunta DDR (chiaro il riferimento al famoso film Le vite degli altri), così come disturba - per quel che vale - che Glenn Greenwald, il giornalista-altoparlante del caso scatenato dall'ex tecnico della Nsa Edward Snowden, si dica certo che anche il governo italiano sia stato spiato. Per non dire del presidente socialista del Parlamento europeo, il tedesco Martin Schulz, che raccomanda per ritorsione di sospendere il negoziato sull'accordo di libero scambio tra Ue e Usa, dimenticando che siamo proprio noi europei ad averne più bisogno.
Ma forse l'aspetto più penoso dell'ultimo capitolo della vicenda è che la cancelliera tedesca non ha creduto alla parola del presidente degli Stati Uniti, che ha sentito personalmente al telefono. Infuriata per le indiscrezioni secondo cui il suo cellulare personale sarebbe stato messo sotto controllo dai servizi segreti americani, mercoledì Angela Merkel aveva chiamato Washington e preteso di farsi passare Barack Obama per ottenere spiegazioni. Forse preso in contropiede, il presidente non dev'essere stato troppo convincente. Così come non aiuta il fatto che il suo portavoce abbia detto ai giornalisti che gli Stati Uniti «non sorvegliano e mai sorveglieranno» le comunicazioni riservate della cancelliera tedesca: evidentemente non poteva dire che «non le avevano mai sorvegliate». Insomma, a Berlino hanno mangiato la foglia e chissà la collera della Merkel nel rendersi conto che Obama in persona tentava di mascherarle una verità da lei stessa definita «inaccettabile».
Irritanti pure le rivelazioni del quotidiano Die Welt, secondo cui i servizi tedeschi hanno fondate ragioni per ritenere che il telefonino della cancelliera - vecchio modello non protetto che portava sempre con sé - sia stato sorvegliato dal 2009 fino a luglio scorso luglio.
Clima pessimo insomma. Ieri mattina l'ambasciatore americano a Berlino John Emerson è stato convocato al ministero degli Esteri per un'imbarazzante esternazione di proteste, mentre a Bruxelles, dove è in corso il vertice europeo, la Merkel si è presentata ribadendo che «è inaccettabile spiarsi tra amici», per poi chiudersi in una stanza con il presidente francese François Hollande a coordinare le loro reazioni allo scandalo dello spionaggio Usa. Al di là delle parole magari anche grosse, le ricadute concrete del caso probabilmente non saranno però eccessive, anche perché - come osserva sul quotidiano francese Le Figaro l'ex numero uno dei servizi segreti francesi Bernard Squarcini - «gli americani ci spiano sul piano industriale e commerciale proprio come noi spiamo loro», ed è un po' ingenuo pensare che il piano politico venga risparmiato da certe pratiche.
Prese di posizione durea anche sul fronte italiano. Per Letta «lo spionaggio del governo non è minimamente accettabile» e che «non possiamo tollerare che vi siano zone d'ombra». Alfano ha ribadito che «certamente difenderemo sempre la privacy dei cittadini e degli uomini delle istituzioni senza guardare in faccia nessuno».
Dal vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri (Pdl) una stilettata: «Sarebbe divertente poter chiedere agli americani se la cancelliera tedesca abbia davvero telefonato ad altissime autorità italiane nel corso del 2011 per favorire la crisi del governo Berlusconi».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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