L'Italia pazza di pizza ha due capitali: Napoli per la Margherita Roma per tutte le altre

La celebre guida gastronomica dedica un volume alla specialità recensendo quattrocento locali. Sul mercato spazio per seimila pizzaioli che chiedono lo "statuto" di veri chef

L'Italia pazza di pizza ha due capitali: Napoli per la Margherita Roma per tutte le altre

Si fa presto a dire margherita. La pizza ha almeno tre anime: prima di tutto quella napoletana, fatta secondo tradizione e principalmente in due modi (margherita, appunto, e marinara, vale a dire con pomodoro, aglio e origano) e che risente di una forte connotazione territoriale. La fantasia, in questo caso, più che inutile è addirittura dannosa. C'è poi quella italiana, che sdogana tutte le versioni regionali fino a qualche tempo fa considerate eretiche rispetto al modello partenopeo: la bassa e «scrocchiarella» romana, la pizza cotta nel padellino tipica del Nord, la pizza esageratamente cresciuta del Sud. L'idea è che se gli americani si sono impossessati della nostra ricetta proponendone versioni assurde, allora tanto vale rivalutare i remake nazionali e tenerci stretto il format. E poi c'è la pizza gourmet, che punta tutto su impasti con lunghe lievitazioni naturali, materie prime selezionate e tanta fantasia: un piatto d'autore che ha trovato negli ultimi anni in una città (Roma) la sua capitale e in un uomo (Gabriele Bonci) il suo profeta.
Si fa presto a dire margherita, dicevamo. La pizza è un mondo che il mondo ci invidia e ci insidia. Ora raccontato da una guida (Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso, 272 pagine, 8,90 euro) presentata ieri all'interporto di Nola. Un modo non solo per orientare il consumatore ma anche per rivalutare un piatto e una professione, quella del pizzaiolo, che non ha lo stesso rango di quella di chef e che spesso finisce nelle mani di stranieri: e pensare che oggi in Italia ci sarebbe spazio per 6mila pizzaioli. Ecco come infornare la disoccupazione.
Il volume recensisce 400 pizzerie in tutta Italia e mette un po' d'ordine negli stili e negli interpreti, creando la tripartizione filosofica di cui sopra. Un modo piuttosto furbo per scongiurare le ire dei pizzaioli campani scandalizzati dall'idea di poter competere con colleghi veneti o marchigiani. E partiamo proprio dalla Campania il nostro viaggio nelle migliori pizze italiane.

Per chi suona la.... Campana.

Sono dieci gli indirizzi dove mangiare una grande margherita a Napoli e dintorni: nel capoluogo Da Attilio alla Pignasecca, nelle due sedi de La Notizia (in via Caravaggio ai numeri 53 e 94), da Sorbillo, da Starita e alla Trattoria Fresco. Tre insegne sono nella provincia partenopea: Era Ora a Palma Campania, Salvo da Tre Generazioni a San Giorgio a Cremano e Massè a Torre Annunziata, che si aggiudica anche il premio per la migliore ricetta, la Pizza dell'Alleanza con fior di latte di Agerola, scaglie di Conciato romano, cipolla ramata di Montoro e Lardo di Colonnata. E poi a Caiazzo, nel Casertano, c'è Pepe in Grani, un marchio già cult per gli amanti della pizza tonda.

A ciascuno la sua.

Qui stravince Roma, che in pochi anni si è trasformata in vera capitale alternativa del forno. Tre sono gli indirizzi imperdibili nella capitale: due si devono alla creatività di Stefano Callegari, punto di riferimento se non altro per l'invenzione del «trapizzino» (un angolo di pizza bianca ripieno di trailer della cucina romana, come la trippa o la coda alla vaccinara) e della pizza cacio&pepe che da sola vale il viaggio. Uno, Sforno, è a Cinecittà e l'altra, Tonda, a Montesacro. Pizze di periferia ma a quote siderali. Terzo indirizzo romano La Gatta Mangiona, che ha anche una straordinaria carta di birre, vini e Champagne da abbinare alle pizze. Fuori Roma sono premiati con i «tre spicchi» (il simbolo dell'eccellenza scelto dai curatori della guida) Libery Pizza & Artigianal Beer a Torino e La Sorgente di Guardiagrele (Chieti).

Pizza gourmet.

Qui la creatività la fa da padrone e salta ogni schema. Anche geografico. Non è un caso che a farla da padrone è il Veneto con ben tre insegne: Ottocento Simply Food a Bassano del Grappa (Vi), I Tigli a San Bonifacio (Vr) e Saporè a San Martino Buon Albergo (Vr). Altri indirizzi da urlo sono Pomodoro&Basilico a San Mauro Torinese (To), 'O Malomm a Coriano (Rn), 'O Fiore Mio a Faenza (Ra), Apogeo Giovannini a Pietrasanta (Lu), La Spela a Greve in Chianti (Fi), Urbino dei Laghi a Urbino e La Fucina a Roma. Quest'ultima che ha una caratteristica unica: il patròn Edoardo Papa propone ai clienti che le varie pizze ordinate da uno stesso tavolo vengono servite una per volta secondo una sequenza crescente per sapori e già tagliate in modo che tutti i commensali possano assaggiare ciascuna in un vero percorso degustativo.

E quelle al taglio?

Categoria a parte è quella delle pizze «quadrate». Qui c'è un fuoriclasse che fa storia a sé: è il già citato Gabriele Bonci, vulcanico fornaio che in un buchetto chiamato Pizzarium a Roma, a due passi dal Vaticano, da anni stupisce con una pizza dalla creatività esagerata (per qualcuno lo sono anche i prezzi, ma si sa: la qualità non bada a spese).

A fare da scudieri a Bonci nella pizza a quadretti c'è un'altra insegna romana (Angelo e Simonetta), due toscane (Menchetti ad Arezzo e Divina Pizza a Firenze) e una veneta: Sapore Asporto a San Martino Buon Albergo (Vr).

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