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L'Ong non si arrende: "Tutti a terra? Avanti col ricorso per bloccare altri casi"

Humanity non fa passi indietro: presto il ricorso al Tar affinché non si verifichino più situazioni di stallo come a Catania

L'Ong non si arrende: "Tutti a terra? Avanti col ricorso per bloccare altri casi"

Che non fosse affatto finita era stato evidente fin da subito, da quando, subito dopo aver ottenuto lo sbarco di tutti i migranti presenti a bordo, il capo missione della nave Ong Geo Barents Juan Matias Gil aveva dichiarato di essere pronto a riprendere il mare per continuare la missione di recupero, senza mostrare troppa preoccupazione per le leggi italiane.

Dello stesso avviso anche Humanity che, pur essendo riuscita a far scendere a terra tutti i suoi ospiti, intende andare avanti col procedimento legale annunciato alcuni giorni fa. Impensabile, per l'equipaggio della nave, trovarsi di nuovo di fronte a dei porti chiusi, l'Italia deve accogliere. Ecco perché questa mattina c'è stato l'annuncio di voler proseguire con il ricorso al Tar.

"Non ci fermiamo, faremo ricorso al Tar perché temiamo che si verificheranno altre situazioni analoghe", ha dichiarato Riccardo Campochiaro, legale di Humanity 1 e presidente del Centro Astalli di Catania, nel corso dell'intervista concessa a L'Italia s'è desta.

Ora che giustizia è stata fatta e che i migranti sono scesi dalla nave, prosegue il legale, lo scopo è quello di impedire un nuovo blocco da parte delle autorità italiane.

"Il ricorso al Tar lo faremo, è in preparazione", ha annunciato l'avvocato. "Abbiamo due profili: il primo è legato al diritto soggettivo di poter avanzare richiesta di asilo politico nel Paese in cui si arriva. Questo è l'oggetto del ricorso che stamattina pende davanti al tribunale di Catania. Temiamo che non sarà l'ultima volta che si verificherà questa situazione. L'altra impugnazione, che sarà al Tar del Lazio, si basa sul presupposto che l'ordine di lasciare le acque italiane si può dare solo quando c'è un ingresso non autorizzato o quando il salvataggio non viene comunicato", ha dichiarato.

Le navi, ha dunque spiegato l'avvocato Riccardo Campochiaro, chiedono il porto sicuro più vicino attendendosi alle norme di navigazione vigenti. Dal momento che da Malta spesso non rispondono, è naturale rivolgesi all'Italia. Secondo il legale, in sostanza, il problema andrebbe risolto a monte e non riguarda le associazioni che si occupano di recuperare migranti in mare.

Si tratta di logiche politiche che devono essere risolte da politici, e tali ragionamenti "non vanno fatti con le persone in alto mare".

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