«Talenti? Non tutti quelli che si dice lo siano effettivamente lo sono. E quando pure lo sono, molte volte le aziende li bruciano con le loro deficienze organizzative».
Non si nasconde dietro un dito Paolo Citterio, presidente nazionale dell'associazione di direttori del personale e componente del direttivo di Assolomobarda, osservatorio privilegiato sulle piccole e medie imprese del cuore produttivo d'Italia.
Cosa manca, ai giovani italiani, per sfondare nel mondo del lavoro?
«Quello che conta davvero è conseguire la laurea giusta, conoscere e saper parlare almeno una lingua straniera, preferibilmente l'inglese. Invece, spesso si presta ascolto ai desiderata dei genitori e si trascura di assumere informazioni, anche presso le stesse università, sui titoli effettivamente richiesti sul mercato del lavoro».
Quanto pesa il gap tra la teoria delle università e la pratica della quotidianità?
«Moltissimo: l'università non permette ai nostri giovani di conoscere il mercato del lavoro. Lo scoprono solo con i primi contatti, sovente in fase post laurea, rimanendone delusi».
E le imprese dove sbagliano?
«Piccole e medie imprese spesso si fidano solo dei curriculum: entrano nelle migliori università, prendono quelli che sulla carta sono i migliori e li mettono all'opera, salvo poi scoprire che forse non sempre sono tagliati per quell'incarico. Invece, se pesassero i curriculum anche in termini pratici, magari mettendo alla prova i prescelti e seguendoli nel loro percorso, forse risparmierebbero tempo ed investirebbero meglio in risorse umane».
Come evitare di cadere in questo errore?
«Semplice: non limitandosi ai curriculum. Vanno pesate le reali capacità organizzative e relazionali. Probabilmente, chi si laurea in otto anni col massimo dei voti è meno funzionale agli scopi di un'impresa rispetto a chi invece consegue il titolo nel tempo prestabilito, anche se magari con voto più basso. E questo perché, in tal caso, si dimostra di saper lavorare per obiettivi».
Facile a dirsi, forse un po' più difficile a farsi: da sempre il mondo delle imprese chiede leggi adeguate per l'inserimento lavorativo
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«Si tratta di istanze fondate. Mi chiedo perché il ministro Fornero abbia deciso di cancellare dal 2013 il contratto di inserimento. I giovani ne risentiranno».
Perché?
«Senza gli strumenti legislativi adeguati, gli imprenditori tenderanno ad avvalersi di contratti a progetto o di collaboratori con partita Iva. Diminuiranno i contratti a tempo indeterminato. Ed è un problema col quale bisognerà fare i conti».
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