La messa è finita e Papa Francesco ruota il polso per guardare l'orologio. Gesto insolito per un Pontefice; non per Bergoglio. Ha già impartito una «normale» benedizione, il diacono ha annunciato l'«ite missa est», lui è sceso per sostare davanti alla statua della Madonna con bambino e ha fatto ritorno all'altare. Adesso sfilano i cardinali che lo precedono in corteo verso la sacrestia. Sono le 11,20 quando il Papa sbircia l'orologio come facciamo anche noi quando il prete si dilunga la domenica. Francesco è in sintonia con i fedeli, gente comune. Soprattutto non è presuntuoso e, di conseguenza, nemmeno invadente. Anche quando era intervenuto alle congregazioni pre-Conclave non aveva esaurito il tempo a sua disposizione. È un altro tratto di umiltà: non servono troppe parole per dire ciò che ci sta a cuore.
Per essere la «Santa messa per l'inizio del ministero petrino del vescovo di Roma» un'ora e quaranta è una cerimonia breve. Omelìa di quattordici minuti, riti sfrondati. Papa Francesco che sogna una «Chiesa povera» è un Papa anti-kolossal. Essenziale anche nella comunicazione. E al quale stanno strette le pomposità della liturgia.
Sono le 8,45 quando compare sulla Papamobile scoperta, bianca come il suo abito. Splende un sole schietto, ma in piazza non c'è l'atteso pienone. Anzi: sono visibili ampi spazi vuoti. Niente ressa in via della Conciliazione. Le stime parlano di 150-200mila persone, meno che all'Angelus di domenica. L'auto sfila nei corridoi tra un settore e l'altro. Lui accenna un gesto benedicente o alza il pollice in segno d'intesa. Scende dalla jeep per accarezzare un disabile. Il tripudio di bandiere è più colorato del solito. Le centotrentadue delegazioni diplomatiche prendono posto a destra della piazza. Le saluterà una ad una al termine della cerimonia, passandosi alla fine un dito sulla fronte come per dire «ce l'abbiamo fatta». In prima fila ci sono la Kirchner, presidente argentina, Napolitano con la signora Clio, Monti e consorte, il principe Alberto di Monaco. Gli striscioni: «Movimento dei focolari», «Comunione e Liberazione», «Con Francesco viviamo il vangelo», «Buongiorno Francesco». Eccolo sul sagrato per l'inizio della celebrazione. Parlotta col cerimoniere e il coro delle litanie dei santi si accorcia. Dopo l'imposizione del pallio, una sciarpa in lana di pecora che simboleggia Cristo buon pastore, e la consegna dell'anello del Pescatore (in argento dorato, lo stesso modello di Paolo VI), saltano anche la formula «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» e un'altra antifona. Il settore con i vuoti più larghi è quello dei preti. Il vangelo viene cantato in greco in segno di unità delle chiese d'oriente e d'occidente. Dopo l'apparizione dell'angelo in sogno, Giuseppe recede dal proposito di ripudiare Maria che è incinta ancor prima di cominciare a vivere con lui. Nello stemma pontificio Francesco ha voluto il fiore di nardo, nella tradizione ispanica simbolo di san Giuseppe di cui è devoto. Giuseppe, dice il Papa, è «il custode di Maria e di Gesù. Ma è una custodia che si estende alla Chiesa». Siccome si lascia guidare da Dio Giuseppe «è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge». La custodia è il tema centrale di una predica semplice ma densa, punteggiata da frequenti applausi. Custodire significa prendersi cura dei figli, delle persone fragili, del creato. Ma questo «prendersi cura chiede di essere fatto con bontà, con tenerezza... che non è la virtù del debole, anzi...». Francesco parla anche di sé e del potere che Cristo dà a Pietro.
La gente in piazza lo ascolta e sembra rispondergli con uno striscione: «Francesco, va' e ripara la mia Chiesa». Alla fine dell'omelìa lui aveva chiesto: «Pregate per me».
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