ManifestoI tecnici possono risanare l'Italia meglio di chiunque altro

RomaIl treno di Luca parte con un vagone in meno: c'è Zemolo ma manca Monti. È lui, il premier, il leader evocato, auspicato, candidato. Ma Monti è - e non potrebbe essere altrimenti - assente. Per ora. «Ogni cosa a suo tempo», dice poi Mister Ferrari.
Montezemolo mette in moto la sua macchina dopo anni di tentennamenti ma non sarà lui l'uomo di punta. Sebbene accolto da star negli studios di via Tiburtina, in un capannone pieno come un uovo, mister Ferrari arringa la folla. Ma soltanto verso la fine del comizio cita il Professore: «Non chiediamo al premier di prendere oggi la leadership di questo movimento politico - dice tra gli applausi - ciò pregiudicherebbe il suo lavoro e non ce lo possiamo permettere. Ci proponiamo di dare fondamento democratico ed elettorale al discorso iniziato dal suo governo perché possa proseguire». Insomma, Italia Futura candida Mario anche perché «la partita italiana dei prossimi anni non si gioca tanto nel cortile di casa ma nelle sedi istituzionali europee. Ed è una partita che Monti ha dimostrato di saper giocare meglio di altri». E siccome l'Italia deve essere ricostruita dal punto di vista «economico, civile, etico e morale, Monti può fare meglio di chiunque altro». Montezemolo invece giura che «non mi candido e non chiedo niente per me» e che «la leadership del movimento è rappresentata da tutti noi. Da chi ne fa parte oggi e da chi arriverà domani». Non porte aperte ma «spalancate per tutte quelle persone, associazioni, liste civiche, movimenti politici che condividono i nostri valori e le nostre idee».
«E qui si tocca un nodo cruciale - ammette un pezzo grosso di Italia Futura che chiede l'anonimato - C'è l'assalto, e non da oggi, di chi cerca un posto e teme di restare fuori dalle liste». Da mesi bussano a IF esponenti di tutti i partiti: Udc, Fli, Pdl e Pd. E fare i «buttafuori» non è semplice: «Non tutti gli attuali parlamentari sono da buttar via», confessa l'Italiafuturista. La domanda cruciale la fa Edoardo Nesi, scrittore e regista, in apertura di convention: «Dove si ferma il repulisti? Certo, non si può chiedere a chi ha rotto il giocattolo di aggiustarlo». E tutti pensano a Casini, Fini & C. Come e quando Montezemolo lo dice chiaro: «Rispettiamo i percorsi di cambiamento in atto all'interno dei partiti e se saranno reali dovremo lavorare insieme - dice - Non chiediamo pubbliche gogne o altre pratiche che detestiamo, ma non potremo neanche accettare gattopardismi. Che tutto cambi perché nulla cambi». Ovazioni e applausi. Un messaggio chiaro ai leader di Udc e Fli, alcuni esponenti dei quali sono in sala. Seduti uno accanto all'altro i finiani Della Vedova, Bongiorno e gli udiccini Galletti e Adornato. Ma ci sono anche i piddini Gentiloni, Giacomelli e Garofani.
Di fronte a loro, al ministro Riccardi, alle teste di Italia Futura (Romano, Vecchioni, Calenda, Tinagli, Ainis, eccetera) Montezemolo lancia il suo manifesto liberale per le elezioni «più importanti dal '48»: «L'unica patrimoniale che dobbiamo introdurre è quella sullo Stato», grida. E giù applausi come quando parla di «un'agenzia delle uscite» per sapere dove vanno i soldi delle tasse. «Ladro è chi evade ma anche chi sperpera denaro pubblico». Ovazione. Fisco: «Una patologia. La pressione fiscale è al limite dell'intollerabile». «Si taglino gli incentivi per tagliare l'Irap».

Programma liberale che potrebbe non vedere la luce perché «il risultato delle elezioni potrebbe portare alla guida del Paese uno schieramento eterogeneo e confuso, una riedizione dei governi i cui ministri scendevano in piazza contro provvedimenti varati dal loro esecutivo». Uno schiaffo a Bersani, Vendola & C.

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