Roma - «Deve essere chiaro che non siamo stati noi a voler rompere l’alleanza, una decisione di cui la Lega si dovrà assumere la responsabilità quando le urne confermeranno quanto è stato sbagliato intestardirsi su questa strada». È questo il senso del ragionamento sui cui la scorsa settimana concordavano Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, alle prese con sondaggi sì in leggera ripresa ma certamente non entusiasmanti in vista della tornata amministrativa di maggio. E dunque non è un caso che da qualche giorno il segretario del Pdl tenda la mano verso il Carroccio. Un modo per ribadire che a via dell’Umiltà la rottura non l’ha voluta nessuno, anzi fino all’ultimo si è tentata una ricomposizione per evitare di consegnare molti comuni al centrosinistra.
Ecco perché Alfano torna ad auspicare che «l’allontanamento» sia «provvisorio», che con la Lega «si possa raggiungere un accordo per oggi e per domani» nonostante «le vicende con il governo nazionale». E che Bossi - dice il segretario del Pdl da quella Venezia che per il Carroccio è luogo simbolico ed evocativo - possa intervenire per «determinare al Nord alcune eccezioni» rispetto alla regola della corsa solitaria approvata dalla segreteria federale di via Bellerio. Un appello a cui il Senatùr risponde con una certa cautela, consapevole anche lui che la partita non è tanto sulle eccezioni quanto sul mettere le mani avanti in vista di un risultato che potrebbe portare qualche scossone. «Se ci sono le condizioni per la deroga allora la concederò, ma in linea di massima andiamo da soli», prova a ributtare la palla dall’altra parte del campo Bossi.
Dichiarazioni a parte, alla romana si direbbe «ma de che stamo a parla’?».
Non tanto perché la rottura della Lega con il Pdl sia insanabile (anzi), quanto perché ormai il Carroccio è andato troppo avanti per permettersi ripensamenti che molti suoi dirigenti di peso avrebbero in verità gradito perché - dice uno di loro - «i nostri militanti non ci perdoneranno tanta incoerenza». A scorrere la mappa del voto di maggio, infatti, si scopre che di «eccezioni» o «deroghe» possibili - in comuni «di peso» - c’è sostanzialmente solo Monza, che per la Lega ha certamente un alto valore simbolico. E qui il Carroccio ripresenta l’uscente Marco Mariani che cinque anni fa vinse con il 53,5% appoggiato - oltre che dalla Lega - da Forza Italia, An, Udc e altre otto liste minori. Difficilmente, insomma, Mariani ce la farà al primo turno anche se arrivasse la cosiddetta «deroga» e il Pdl lo sostenesse. E quindi perché derogare alla regola del correre da soli se ai ballottaggi è comunque scontato che Pdl e Lega torneranno a convergere? Già, perché gli abboccamenti di questi ultimi giorni - da entrambe le parti - hanno l’obiettivo di preparare il terreno per il day after. «Il giorno dopo il 6 maggio - spiega un ex ministro del Pdl - Alfano e Maroni riprenderanno il filo del dialogo». Prima che si torni alle urne per i ballottaggi, dunque. Cercando di ridurre al minimo il danno. Un fronte su cui da tempo lavora il segretario del Pdl che non perde occasione per ripetere che «dalle amministrative non si può trarre un giudizio politico generale».
In attesa del voto, intanto, a via dell’Umiltà ci si concentra a far muro sul fronte Rai. Dove il clima è di alta tensione se Alfano e Pier Luigi Bersani sono arrivati ad un passo dallo scontro. «Siamo contro una scelta dei partiti che potrebbero fare una battaglia legislativa al solo fine di mettere le mani sulla Rai», dice il primo.
«Sentirsi dire da Alfano che vogliamo mettere le mani sulla Rai è davvero scandaloso, il Pd non parteciperà alle nomine», ribatte il secondo. Un’intesa, dunque, sembra allontanarsi e la proroga del Cda è sempre più probabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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