Il lodo Violante frantuma il Pd, rischia di illudere il Pdl e lascia la patata bollente nelle mani di Napolitano. Il quale, nelle sue valutazioni,non è aiutato dall’entourage di amici storici e stretti: anche loro, infatti, vanno in ordine sparso sia nel merito della proposta lanciata dall’ex presidente della Camera sia sulla questione agibilità politica.
Violante, che aveva aperto un varco alla possibilità di ricorrere alla Consulta per sciogliere in nodi di presunta costituzionalità della legge Severino, ieri è tornato sull’argomento: «Se ci fossero i presupposti potrebbe essere legittimo il ricorso alla Corte costituzionale o, per altre ragioni, alla Corte di giustizia di Strasburgo », ha ribadito. Una posizione di apertura tutt’altro che condivisa da buona parte del Pd, che vive una vera e propria crisi di nervi. La maggioranza del partito non vede l’ora di dare il colpo di grazia finale all’odiato Cavaliere e non vorrebbe lasciarsi sfuggire l’occasione con un voto a favore della decadenza. E proprio per non mettere troppo in difficoltà i vertici di via del Nazareno, Violante s’è affrettato ad aggiungere che «La mia è un’opinione personale. Quella del partito è quella espressa dal segretario che io rispetto. Anche se Berlusconi ha diritto di difendersi e noi il dovere di ascoltare e decidere».
Già, decidere. Il centrosinistra marcia in ordine sparso. Beppe Fioroni è aperturista: «Se il Pd rifiuta chiarimenti e approfondimenti darebbe l’idea di un partito che,improvvisamente, è diventato arrogante o con un atteggiamento prevenuto nei confronti di Berlusconi ». Ma il segretario Epifani è sempre stato tranchant: «Voteremo sì alla decadenza del Cavaliere », ha sempre detto nei giorni scorsi. Con lui, e se possibile più oltranzisti, i due membri della giunta Stefania Pezzopane e Felice Casson, ma anche il dalemiano Nicola Latorre, il giovane turco Matteo Orfini, i renziani e il capogruppo al Senato, Luigi Zanda e il viceministro all’Economia, Stefano Fassina. Ma solo per citarne alcuni. Tre le opzioni in campo che stanno sbriciolando il Pd: votare la decadenza subito; decidere di non decidere e votare per un rinvio per studiare i pareri pro veritate dei giuristi; spedire tutto il malloppo alla Corte costituzionale affinché dirima la questione.
Nella breccia aperta da Violante, naturalmente, si sono infilati gli ambasciatori pidiellini con migliori capacità di dialogo. Angelino Alfano, Gaetano Quagliariello ma anche Maurizio Lupi e gli altri ministri, e persino il montiano Mario Mauro. Tutti a cercare di rendere maggioritaria una posizione dei democrats che per ora resta minoritaria. Ma il vero deus ex machina delle trattive resta Gianni Letta, che si spende su due fronti: quello piddino per la questione «incandidabilità» e quello quirinalizio sulla questione «clemenza».Due fronti paralleli e convergenti perché Berlusconi sarebbe spacciato anche se il Senato coinvolgesse la Consulta senza però che Napolitano concedesse la grazia sulla pena accessoria che riguarda l’interdizione.
Molto è quindi nelle mani del capo del capo dello Stato, i cui amici più cari si dividono. Se Umberto Ranieri e Valerio Onida si sono già espressi per un’apertura in merito al rinvio alla Consulta, un napolitaniano doc come Emanuele Macaluso ieri ha demolito ogni illusione: «Il lodo Violante è solo un rinvio, una proroga. Ma non c’è soluzione,Berlusconi si rassegni ».
E sull’ipotesi grazia,Macaluso taglia corto: «Il capo dello Stato ha già spiegato come stanno le cose. La grazia ha le sue regole e la prima è la domanda individuale e l’accettazione della sentenza».Cosa che Berlusconi non farà mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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