Marò, pure Monti s'è desto: ora alza la voce con Delhi

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Marò, pure Monti s'è desto: ora alza la voce con Delhi

Sono passate quasi tre settimane e i no­stri soldati del Reggimento San Marco sono ancora prigionieri in India.

Nessuno potrà dire che il governo sia stato immobile, ma di certo la sua azione per riportare a casa il maresciallo Massimiliano Latorre e il sergente Salvatore Girone non è stata né rapida né efficace. Tralasciamo pure gli sgarbi diplomatici, le interpretazioni arbitrarie del diritto internazionale e le forzature dell’inchiesta giudiziaria sull’uccisione dei due pescatori (tutti rospi poco digeribili), ma resta un fatto: da quel 19 febbraio la situazione, invece di avviarsi verso una soluzione, si è complicata.

E in tutto questo tempo l’Italia è sembrata isolata. Sì, proprio l’Italia di Monti, quella che tutti i giornali e le tv hanno decantato come un Paese uscito dall’isolamento internazionale grazie al nuovo governo dei tecnici, con premier e ministri rispettati e ascoltati nelle cancellerie di tutto il mondo. Qualcuno lo aveva dimenticato? Noi no. E non dimentichiamo neppure tutte le manifestazioni di stima e gli attestati di amicizia che da Parigi a Berlino e da Londra a Washington hanno illuminato il cammino dei Professori. Ma in questi venti giorni di scaramucce diplomatiche con l’India, nessuno, ripetiamo, nessuno ha espresso una parola, un monosillabo in nostro favore. Come se l’Italia non esistesse, come se l’amico fidato Monti fosse un perfetto sconosciuto. Grazie, sì, ringraziamo gli amici per l’aiuto.

L’Europa si è svegliata solo dopo una formale richiesta del nostro governo.

Adesso vedremo che cosa sarà capace di fare la diplomazia di Bruxelles, visto che da quando è nata si è distinta più per le spese che per le azioni.

Eppure ciò che più ci amareggia sono gli alleati, l’America e i Paesi della Nato.

Sempre pronti a riempirci di elogi per tutte le missioni nei Balcani, per la missione in Iraq e in Afghanistan e in Libano e in Libia… Sempre pronti a chiedere più uomini, più mezzi, più denaro per sostenere tutte le operazioni di pace. Sempre pronti a inviare le condoglianze quando seppelliamo i nostri caduti. Ma ora sono muti.

Dov’è Barack Obama, quello che pochi giorni orsono ha ripetuto che l’Italia è un amico e un alleato prezioso per gli Stati Uniti e che «le nostre relazioni non sono mai state così forti»? Dov’è Angela Merkel, quella che si complimentava con l’amico Monti e che ci chiedeva lacrime e sangue per salvare l’euro tedesco? Dov’è Nicolas Sarkozy, quello che si sperticava in elogi al nostro premier e che ci chiedeva appoggio per i trattati europei?

A proposito, l’amico Sarkozy in questo periodo si è distinto per le sue colossali forniture di armamenti proprio all’India. E questi sarebbero gli amici? È in nome di questa amicizia che l’Italia ha mandato a morire lontano da casa i propri soldati? È in nome di quest’alleanza che spendiamo ogni anno oltre un miliardo e mezzo di euro?

Bell’affare.

Allora è meglio darci un taglio, ritiriamo dalle missioni i nostri soldati e ringraziamo i Paesi alleati. Gli amici si vedono nel momento del bisogno. E finora nessuno si è fatto vedere. Una provocazione? Sì, ma molto seria. Soprattutto se potesse servire a riportare a casa i nostri marò.

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