Bologna - «Il governo prima se ne va a casa e meglio è». La Lega Nord è tornata in piazza e ha scelto Bologna per la sua manifestazione contro le tasse e contro l'esecutivo. Roberto Maroni ha saziato la rabbia della pancia leghista stanca di pagare il prezzo della crisi e lo ha fatto insieme a Umberto Bossi. Monti è il nemico comune, quello da liquidare quanto prima, giusto il tempo di consegnare al paese due leggi: quella elettorale e quella di stabilità. Poi tutti a casa, via dal Parlamento.
A Bologna c'era aria di ritorno alla Padania: i militanti, accorsi con 50 pullman, erano armati con i simboli di sempre: sciarpe, cappelli e bandiere con il sole delle Alpi per inneggiare all'autonomia del Nord. «Noi siamo all'opposizione - ha ribadito Maroni - perché c'è stato un attacco profondo al sistema del Nord con l'aumento della pressione fiscale sulla casa che va abolita e con l'attacco alle persone deboli». «Questa non è Pontida», ci tengono a precisare gli organizzatori, ma quell'atmosfera non è persa del tutto e a riaccenderla ci sono gli slogan che fanno sventolare le bandiere con più energia, quelli che Umberto Bossi riesce ancora a scandire. «Prima il Nord vuol dire sì alla Padania - le parole del Senatùr - l'indirizzo tracciato è quello dell'euroregione padano-alpina». La strada è scritta da qui ai prossimi mesi. Maroni proporrà al Consiglio federale di ritirare le proprie delegazioni alla Camera e al Senato. I parlamentari sono già pronti al passo: «La presenza a Roma è una perdita di tempo - spiegano - una volta approvate le due leggi, lì non ci metteremo più piede». Insomma, il futuro del Carroccio è una macro-regione del Nord, e a ricordarlo ci sono i due governatori di Piemonte e Veneto, Cota e Zaia. Da qui parte anche l'appello agli amministratori, «a tutti i sindaci, non solo quelli della Lega» invitati alla protesta fiscale e alle «dimissioni di massa». Roberto Maroni chiama tutti a raccolta il 24 novembre, nel bresciano per «decidere azioni concrete contro il patto di stabilità e il governo». Arginato e redarguito, invece, chi con gli slogan ci va giù pesante, come quel megafono alla guida del corteo che attraversando il centro di Bologna scandiva: «Monti e Fornero, il vostro posto è al cimitero». «È stato l'urlo di un cretino subito messo a tacere dal servizio d'ordine della Lega», ha tagliato corto il segretario federale dell'Emilia Fabio Rainieri preoccupato. Sì, perché i mal di pancia della Lega sono altri, sono rimandati al Consiglio federale che, dopo aver incoronato Roberto Maroni come candidato alle Regionali in Lombardia, non potrà trascurare questioni intestine ancora da sistemare. A Bologna ieri non c'era tutta la Lega, non c'era traccia della vecchia guardia in passato più vicina al «cerchio magico». E qualcuno la questione sul tavolo la vuol porre. Il Carroccio aveva destinato un milione di euro alle zone dell'Emilia colpite dal sisma, soldi dei rimborsi elettorali da consegnare nelle mani del sindaco leghista di Bondeno, nel ferrarese. Lui, però non si è presentato a ritirarli. «Un gesto sgradevole» stigmatizza qualche voce; «era all'estero» cerca di giustificarlo qualcun altro. Fatto sta che a Bologna non c'erano né il parlamentare Angelo Alessandri, prima «commissariato» e poi sostituito alla guida della federazione emiliana, né i suoi fedelissimi. A comizio concluso, Maroni, Bossi e Calderoli si sono concessi un piatto di tortellini per commentare il risultato di Bologna, città ora ufficialmente promossa dal Senatùr «una delle capitali della Padania».
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