Matteoli frena gli ex An: «La scissione è una fesseria»

RomaIn un clima di generale scoramento e assoluta incertezza, il Pdl cerca di rialzare la testa. È il segretario Alfano a soffiare nelle trombe dell'«adesso basta!». I casi Fiorito non possono più accadere e il partito si appresta a fare un'operazione pulizia. Alfano lo dice chiaro: «L'arresto arriva in tempo per impedire a Fiorito una ribalta televisiva che stava irresponsabilmente cavalcando. Il suo comportamento ci ha fatto male ma impediremo che altri comportamenti analoghi possano lederci». Questa volta c'è anche il come: «In quest'ottica, il Pdl ha presentato l'emendamento al ddl anticorruzione che punisce, con la reclusione da 2 a 6 anni, chi utilizza ad altri fini o a scopi personali i contributi pubblici e inoltre, senza aspettare alcuna legge, abbiamo subito presentato sei punti, ai presidenti e ai capigruppo dei consigli regionali d'Italia, che danno indicazioni precise in merito alla trasparenza nell'utilizzo dei fondi, alla certificazione del bilancio a cura di una società esterna e alla pubblicazione online dello stesso».
Alfano ha ricevuto da Berlusconi i pieni poteri per utilizzare la scopa di saggina: «Il mio compito di segretario politico del Pdl è di vigilare e promuovere la buona politica e di isolare, con tutti i mezzi di cui dispongo, quelle eccezioni alle quali non consentirò di sporcare la storia di una grande partito, la sua dignità, la sua prospettiva per la quale mi impegno ogni giorno assieme a tutti coloro i quali credono che si possa fare politica senza rubare». Il pidiellino Sisto applaude pure i modi del repulisti, privi di conati giustizialisti: «Certo, la piazza, l'aria che tira, chiede punizioni anticipate, magari a prescindere dall'accertamento, sensato, delle responsabilità. Ma questo atteggiamento - sottolinea - non è compatibile con qualsiasi partito che rivendichi l'appartenenza a un sistema di democrazia costituzionale». E anche l'ex ministro Mara Carfagna spinge per l'operazione ramazza: «Fiorito è fuori dal Pdl. Non sarà l'unico. Il percorso di pulizia darà i suoi frutti». E ancora: «Il Pdl ha risposto con rapidità e fermezza alla domanda di pulizia che veniva dai suoi elettori e che viene, più genericamente, dall'intero Paese. Altri partiti, con problemi spesso ben più gravi, consiglieri regionali con rinvii a giudizio, ipotesi di tangenti con molte - troppe - cifre, non hanno avuto la medesima prontezza. Allora, avanti tutta!».
Stessa scossa arriva dall'ex ministro Anna Maria Bernini: «Bene Alfano: tolleranza zero e sanzioni penali tipiche per i malfattori che fanno un uso distorto del denaro pubblico». Anche Fabio Rampelli si domanda: «Pulizia a 360 gradi: e sia. Ma qualcuno s'è chiesto come mai la magistratura ha acceso i fari soltanto sui rimborsi gestiti dal Pdl? E gli altri partiti? Nulla? Anche un bambino se lo chiederebbe...».
Già, Rampelli. Uno che, tra gli ex An, ha i maggiori pruriti per fare qualcosa d'altro e lasciare «questo Pdl». Assieme agli ex ministri Meloni e La Russa e un folto gruppo di ex aennini non disdegna l'ipotesi di una separazione consensuale dagli ex azzurri. Ma in casa ex aennina la situazione è parecchio ingarbugliata. Alemanno, in un'intervista al Messaggero, ha dichiarato che nel partito «ci sono troppe faide; se così è allora è meglio dividersi». Ma a mettere in guardia i vecchi camerati ci pensa l'ex ministro Matteoli: «L'ipotesi scissione è una vera fesseria. L'ho detto e lo ripeto: dividendoci non si va da nessuna parte». Al Giornale chiarisce che «come me la pensano anche quelli della mia corrente. Lo scriva pure: 35 parlamentari che non sono e non si sentono più ex di niente. Sono pidiellini e basta». Matteoli smentisce pure l'ipotesi che una separazione consensuale sia stata benedetta dall'alto: «Senta, io con Berlusconi ci parlo un giorno sì e un giorno no. E non gli ho mai sentito dire che è opportuno dividersi. Anzi: a me ha sempre detto che occorre stare uniti. Capito? U-ni-ti. E io la penso come lui». Stuzzicato sulle divergenze sul Monti-dopo-Monti, l'ex ministro minimizza: «Io non ho nulla contro Monti. Nel 1994 ero ministro quando il governo lo lanciò come commissario europeo.

Lo stimo anche se non condivido la sua politica economica e l'ho votato soltanto per disciplina di partito». E sul bis non tergiversa: «Se Monti vuole rimanere al governo, bene. Ma si presenti alle elezioni, faccia campagna elettorale e conquisti i voti. Se no che democrazia è?».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica