"Meloni arriva al 2027". La profezia di Renzi sul governo

Il leader di Italia Viva riconosce la solidità dell'esecutivo di centrodestra: "Se tutto va come deve andare, Meloni arriva al 2027"

"Meloni arriva al 2027". La profezia di Renzi sul governo

“Se tutto va come deve andare, Meloni arriva al 2027”. A dirlo non è un esponente di peso all’interno della maggioranza di governo, bensì un fiero oppositore dell’esecutivo di centrodestra, Matteo Renzi. L’ex premier fiorentino riconosce la solidità del governo guidato da Giorgia Meloni e traccia un orizzonte temporale netto: l’intera legislatura.

La solidità di Giorgia Meloni

Il pasticcio, perché di questo si tratta, combinato sul Def e sul relativo scostamento di bilancio rimane uno “scivolone” grave ma sul piano strettamente politico non avrà alcuna conseguenza. La risoluzione, dopo un pomeriggio di caos, è stata approvata a larga maggioranza sia dalla Camera che dal Senato. Il consiglio dei ministri del primo maggio è salvo. Rimane certamente la brutta figura. Il leader di Italia Viva, incalzato da Repubblica, la definisce “impreparazione” e offre la sua versione dei fatti: “Non hanno ricordato ai parlamentari che il ponte del 25 aprile non è sacro. O almeno non è sacro quanto il Def”. Ci saranno ricadute sulla maggioranza? Niente affatto. “Se tutto va come deve andare – assicura Renzi – Meloni arriva al 2027. I cosiddetti “gufi” meglio lasciarli da parte: “Non vedo una catastrofe finanziaria in arrivo. E spero da italiano di non sbagliarmi”.

La solidità di Giorgia Meloni, inutile girarci intorno, è dovuta anche alle immense divisioni nel campo delle opposizioni. Se il Terzo Polo è imploso definitivamente, le altre due forze estranee alla maggioranza non se la passano meglio. Il Partito democratico a trazione Schlein deve ancora capire cosa fare “da grande” e sciogliere finalmente il nodo delle alleanze. La strategia del Movimento 5stelle, invece, viaggia su due binari: nei giorni pari competizione dura al Pd, nei giorni dispari prove di alleanze future.

Le opposizioni marciano divise

Il primo ad ammettere la debolezza delle opposizioni è lo stesso Matteo Renzi. Le divisioni all’interno dell'ormai ex Terzo Polo rimangono e sembrano incolmabili: “La rottura – spiega il leader di Iv –è inspiegabile anche agli addetti ai lavori. Sono mostrificato tutti i giorni da grillini e giustizialisti. Non me lo aspettavo da chi si definisce liberale e garantista ma ho un carattere forte e vede la politica come uno spazio per le idee”. Il responsabile di questa rottura, guardando ai fatti con la lente d’ingrandimento di Italia Viva, è ovviamente il leader di Azione, Carlo Calenda. “L’ho sostenuto per il Parlamento europeo – rivendica Renzi – come il leader del Terzo polo. Gli ho trasferito un milione e mezzo di euro di fondi di Italia Viva per le campagne di affissione col suo volto. Non mi pare di essere io il problema”.

Stesso destino e stesse divergenze che aleggiano dalle parti del Nazareno. Il Partito democratico di Elly Schlein deve fronteggiare un esodo di riformisti che, a torto o a ragione, non si sentono più rappresentati dalla nuova leader dem. Renzi coglie un punto centrale del nuovo Pd: la politica di Schlein fa acqua da tutte le parti.

“Ha vinto su una piattaforma radicale: se è coerente con le primarie, rompe coi riformisti; se torna indietro, tradisce i suoi; se sta nel mezzo scontenta tutti. Termovalorizzatore, lavoro, nucleare, Ucraina. Prima o poi Elly dovrà dare qualche risposta”.

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