Una grande gioia. Ma anche stupore ed infine indignazione. Per una storia che ha dell'incredibile. Quella di Carina Melchior, ventenne danese, che alla vita è rimasta aggrappata con le unghie e con i denti dopo un gravissimo incidente stradale: proprio mentre i medici stavano per «staccare la spina», pronti ad espiantare i suoi organi, la ragazza ha aperto gli occhi ed ha sorriso. Carina oggi è in fase di recupero, cammina, parla e per il futuro ha le idee chiarissime: «Voglio fare la graphic designer e tornare a montare il mio cavallo, Mathilda, come si deve».
Ma la sua storia colpisce al cuore l'intera Danimarca che s'interroga sulle responsabilità dei medici e della struttura ospedaliera di Aarhus (seconda città del Paese) che stavano per dichiarare la morte cerebrale un attimo prima che la ragazza si svegliasse. E i quesiti, i timori, l'impatto sull'opinione pubblica è stato tale da indurre il governo danese a rivedere le linee guida che regolano i trattamenti di fine-vita. «La ragazza che non voleva morire» è il titolo di un documentario che racconta la storia di Carina: nell'ottobre dell'anno scorso - riferisce il Daily Mail - il devastante scontro con la sua auto.
Dalle lamiere era stato estratto un corpo dilaniato con pochissime speranze di sopravvivenza. Per tre giorni i genitori avevano sperato, poi la sua attività cerebrale aveva cominciato a rallentare facendo prevedere il peggio.
È a quel punto che i medici hanno contattato la famiglia, hanno illustrato loro la situazione paventando la morte cerebrale di Carina (ma senza dichiararla in quel momento). A quel punto la famiglia acconsentì alla donazione degli organi. «Quei banditi in camice bianco avevano rinunciato troppo in fretta perchè volevano un donatore», ha detto, pieno di rabbia, il padre di Carina, Kim, al giornale danese Ekstra Bladet. L'avvocato dei Melchior ha spiegato che ancora oggi i genitori di Carina si chiedono se i medici volessero uccidere la loro figlia e hanno chiesto i danni all'ospedale.
«Si tratta di un trauma enorme - ha spiegato il legale - sia per la ragazza che per i suoi genitori, i quali erano convinti che non ci fosse altro da fare e per questo avevano acconsentito alla donazione degli organi».
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