Mercanti di Venezi

Tommaso Labate ha mandato in onda un servizio che virava nel giallo, con un incomprensibile tono investigativo, dove le persone camuffate parlavano manco fossero testimoni in un'inchiesta di mafia

Mercanti di Venezi
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Siamo i primi a dirlo. Beatrice Venezi è inadeguata al ruolo di direttrice della Fenice. Ma neanche della Fenice. Proprio al ruolo di direttrice d'orchestra. Anzi, inadeguata a qualsiasi ruolo, in generale. Non ha titoli, non ha curriculum, non è neanche bella a dirla tutta e ha dei capelli orrendi. Lo sappiamo. È lì perché è amica della Meloni, non sa dirigere e quando le hanno dato una bacchetta in mano pensava ci dovesse mangiare il sushi. Viva Verdi, abbasso Venezi!

Però quello che abbiamo visto l'altra sera a Realpolitik - una di quelle trasmissioni dove per 200 minuti attaccano il governo senza contraddittorio mentre ti spiegano che il confronto democratico è a rischio era più che imbarazzante. Era fascista. Tommaso Labate, un barbiere telegenico, col baffetto social-riformista, un D'Alema che ha fatto cosmesi e finito a Rete4 in quota Progresso, ha mandato in onda un servizio che virava nel giallo, con un incomprensibile tono investigativo, dove le persone camuffate parlavano manco fossero testimoni in un'inchiesta di mafia: la Venezi come Matteo Messina Denaro, con Lucca al posto di Castelvetrano. E quello, con voce contraffatta, coraggiosamente accusava: «Ha la statua del Duce a casa! Magari sul pianoforte...» (quando, si sa, Lui suonava il violino).

Dicono: la Venezi va cacciata dalla Fenice

non perché è di destra, ma perché non è brava: il problema non è politico, ma tecnico. Bene. E allora perché per farla fuori non stanno sul dato tecnico ma usano la politica?

Tanto oltre il 3,1% di share non vanno lo stesso.

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