Mezzo Mediterraneo a rischio violenza E dove si va al mare?

Ancora una settimana fa nel nord Italia sembrava inverno, ma oramai ci siamo: il mai tanto atteso anticiclone delle Azzorre è arrivato e sta velocemente trasformando le nostre città in forni all'ozono. L'alternativa tra i 30 gradi afosi all'esterno e il gelo demenziale dell'aria condizionata sparata negli interni è la tradizionale fuga al mare. Soldi ne girano pochi, ahinoi, e molti dovranno rinunciare. Chi può ancora spendere, comprensibilmente, spesso cerca di risparmiare e per un riflesso automatico pensa di far quadrare il cerchio scegliendo un soggiorno nei vicini (e meno vicini, ma pur sempre a poche ore di volo low-cost) Paesi del Mediterraneo. Ma guardate un po' come si sta restringendo la scelta.
Partiamo dall'Egitto, che per noi italiani (se parliamo di mare) di solito significa mar Rosso: Sharm el Sheikh, Hurghada, Marsa Alam e poco altro. Il sito «Viaggiare sicuri» del ministero degli Esteri definisce diplomaticamente «fluida» la situazione della sicurezza nel Paese ed evidenzia il continuo «verificarsi di manifestazioni di piazza che sono talvolta degenerate in scontri tra dimostranti e Forze di Polizia». Questo vale di solito unicamente per le città, ma l'invito è alla prudenza. In ogni caso, il tranquillo Egitto amico dell'Occidente dei tempi di Mubarak è ormai un ricordo.
Passiamo alla vicina Libia. Negli ultimi anni del suo regime, Muammar Gheddafi aveva indicato l'intenzione di aprirla al turismo, valorizzando oltre alle meraviglie archeologiche come Leptis Magna e Sabratha le belle spiagge sabbiose. Si era a più riprese parlato di permessi anche per gli ex colonizzatori italiani, senza in verità arrivare a risultati tangibili. Con la morte violenta di Gheddafi nell'ottobre 2011 si è però aperta un'era di instabilità e violenze che rende il Paese infrequentabile. Niente mare, dunque.
Un altro passo verso ovest ed eccoci in
Tunisia. Centinaia di migliaia di italiani hanno frequentato le sue spiagge negli ultimi vent'anni, facendone una meta popolare e apprezzata: ma la fine del regime di Ben Ali ha fatto esplodere le contraddizioni di una società che sembrava occidentalizzata e più laica che islamica. Le fazioni religiose più estremiste imperversano a Tunisi e in altre città, con l'obiettivo di spostare indietro le lancette della Storia reintroducendo il velo per le donne e il divieto di consumo degli alcolici. Il Paese resta frequentabile, ma l'atmosfera si è guastata.
Ultima tappa in
Turchia. Paese musulmano di lunga tradizione laica, ha investito moltissimo nelle infrastrutture turistiche in questi anni, conquistando larghe fette di mercato. Le spiagge turche piacciono anche a tanti italiani, ma l'improvvisa esplosione di scontri di piazza in queste ultime due settimane - in verità circoscritti alle città - ha avuto come effetto un fioccare di disdette per l'imminente estate: fidarsi è bene, ma non fidarsi...
Dando per sottinteso che nessun italiano si sognerebbe di andare al mare in
Siria, in Libano o in Algeria, e ricordato che le spiagge di Israele sono sempre affollate ma l'idea dei razzi palestinesi scoraggia, rimangono appetibili i lidi europei: Grecia, Croazia, Spagna, Francia e, per i meno banali, Cipro, Albania, Montenegro e Malta.
E l'Italia? Il restringersi della disponibilità di mete turistiche rassicuranti dovrebbe aprirci prospettive straordinarie. Eppure sembra che ci si impegni per lasciar andare sprecata una grande occasione.

L'abusivismo edilizio continua a deturpare le nostre coste, vanamente contrastato da occasionali demolizioni di qualche longevo «ecomostro»; l'accesso alle spiagge è tra i più cari d'Europa, e da noi e solo da noi si dà per scontato che una spiaggia libera debba essere un ritaglio infelice e maltenuto incastrato tra distese di ombrelloni «privati» a prezzi esosi; gli alberghi sono cari e i servizi non sempre all'altezza di quanto richiesto al cliente; meraviglie uniche come Pompei vengono umiliate da gestioni da terzo mondo; l'arrivo di turisti con grandi navi da crociera viene demonizzato come se un tragico episodio fosse una regola della marineria; i porti turistici si svuotano a causa di tassazioni stupidamente vessatorie. Servirebbe un po' di strategia... intanto i nostri vicini ringraziano e incassano.

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