Milano - È arrivato ieri mattina insieme alla montagna di posta che quotidianamente si riversa sui tavoli del Corriere della Sera . Una comune busta affrancata a Genova. Dentro però c’erala rivendicazione dell’attentato al dirigente Ansaldo Roberto Adinolfi, firmata Fai, Fronte anarchico informale, e conclusa con un sinistro avvertimento: colpiremo ancora, altre sette volte, una per ogni nostro compagno detenuto nelle carceri greche. «Rivendicazione attendibile come le minacce di nuovi attentati » ha commentato il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce. Nella busta spedita la stessa mattina dell’agguato, quattro cartelle fitte fitte, piene di slogan, minacce, appelli e deliranti analisi politiche tipiche degli anni ’70. E se allora il professor Toni Negri, ideologo dell’autonomia operaia, sottolineava il «brivido che mi corre lungo la schiena ogni volta che infilo il passamontagna », gli anarchici del Fai aprono il comunicato spiegando che «con una certa gradevolezza abbiamo armato le nostre mani, con piacere abbiamo riempito il caricatore». Confermando dunque di avere fatto un salto di qualità e di essere approdati in una dimensione dove non esistono più essere umani, ma solo nemici da ferire, terrorizzare, se necessario uccidere.
Il tutto in nome di Olga Ikonomidou, greca di 32 anni, componente del gruppo anarchico «Cospirazione delle cellule di fuoco» (Ccf) rinchiusa in prigione insieme ad altri sette «compagni». In suo onore la Federazione anarchica informale, Fronte rivoluzionario internazionale, apre la nuova campagna terroristica. Che dopo Adinolfi prevede altre vittime. «Nelle nostre prossime azioni, il nome di altri fratelli greci, un’azione per ognuno di loro». Dunque otto compagni, otto attentati, il primo, contro l’amministratore di Ansaldo Nucleare «dall’anima candida e dalla coscienza pulita».A lui vengono ascritte le maggiori responsabilità, insieme all’ex ministro Claudio Scajola, del «rientro del nucleare in Italia».
«Adinolfi lo sa bene, è solo questione di tempo e una Fukushima europea mieterà morti nel nostro continente». Per lui dunque «un piccolo frammento di giustizia, piombo nelle gambe per lasciare un imperituro ricordo di quello che è, a un grigio assassino». Il dirigente, prosegue la rivendicazione: «non solo ha progettato o collaborato nella gestione di centrali mortifere ma ne ha promosso l’impianto e lo sfruttamento con l’Ansaldo tramando con i singoli governi; scienza, politica ed economia in perfetto connubio ». L’Ansaldo è dunque una macchina di morte guidata da Adinolfi che solo il Fai può fermare. Anche se in questa guerra gli anarchici del Fai sono soli, abbandonati e incompresi dal resto della galassia antagonista, e in particolare dagli altri movimenti anarchici ammalati di «cittadinismo». A loro il Fai si rivolge con disprezzo: «A voi anarchici che ci accusate di essere velleitari, avventuristi, suicidi, provocatori, martiri diciamo che con le vostre lotte “sociali”lavorate al rafforzamento della democrazia » intesa come insulto. Inebriati dal sentirsi impegnati in un percorso di cui nessuno altro ha compreso la necessità, nemmeno si curano di poter «vincere» il conflitto aperto con l’agguato di Genova.
Difatti sempre rivolti agli altri anarchici: «Siamo sicuri che un giorno avrete l’ultima parola, anche su di noi, come in passato l’avete avuta su altre esperienze della lotta armata... ma nessuno, neppure voi, potrà toglierci il piacere che oggi proviamo ad aver realizzato pienamente e vissuto qui e oggi la nostra rivoluzione ». Ma questo, è solo il primo atto di un campagna di sangue lanciata contro il mondo intero. Altri agguati, altri attentati ne seguiranno, almeno sette, e ciascuno dedicato a uno dei sette compagni anarchici reclusi in carcere insieme a Olga, e tutti rivolti contro Finmeccanica. «Con il ferimento di Adinolfi, proponiamo una compagna di lotta contro Finmeccanica piovra assassina. Oggi l’Ansaldo Nucleare, domani un altro dei suoi tentacoli, invitiamo tutti i gruppi Fai a colpire tale mostruosità con ogni mezzo necessario». Il documento viene ritenuto autentico dagli investigatori, come sottolinea Michele Di Lecce procuratore capo di Genova «La rivendicazione è sostanzialmente attendibile per il contenuto, i richiami e la forma stessa dell’esposizione dei fatti. Ci sembra un documento studiato e strutturato ». Come la minaccia di nuovi agguati.
«Il timore di altri attentati c’è sempre, non possiamo escludere che stiano pensando a qualche altra operazione, a qualche altra attività, anche se non ne abbiamo la certezza o elementi concreti ». Ma tanta paura sì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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