La missione compiuta dell'eterno Cavaliere che ha zittito tutti i gufi

Alla sua sesta corsa per Palazzo Chigi ha recuperato un distacco che sembrava abissale. Nessuno ci credeva, neppure i suoi: a dispetto di tutti, lui ha vinto

La missione compiuta dell'eterno Cavaliere che ha zittito tutti i gufi

Corre verso Palazzo Chigi per la sesta volta il Cavaliere e, comunque vada a finire, la sua vittoria l'ha portata a casa. Già, perché solo un anno fa nessuno ci avrebbe scommesso una lira su un Silvio Berlusconi di nuovo in sella, ancora alla guida del centrodestra e pronto a saltellare come una trottola da uno studio tv all'altro nel tentativo quasi impossibile di recuperare un distacco che solo sei mesi fa era abissale: quindici punti, anche qualcosa in più, a dividere le coalizioni e un Pdl arenato intorno al 10 per cento. Roba da brividi. E invece – questo racconta il miscuglio di proiezioni e primi dati reali che arrivano dal Senato quando è ancora ora di cena – comunque finisca il dato incontrovertibile è che il Cavaliere è ancora lì, vivo e vegeto in barba a chi in quest'ultimo anno ha fatto il possibile e l'impossibile per metterlo alla porta. Berlusconi lo si può amare o odiare, ma sarebbe stupido negare che ancora oggi, 76 anni compiuti, è l'unico politico in grado di catalizzare su di sé un consenso enorme. Molto meno del passato, certo. Perché le vicissitudini degli ultimi anni pesano, perché nell'elettorato di centrodestra c'è chi non gli ha perdonato le polemiche che hanno seguito i casi Noemi e D'Addario, fino ad arrivare più recentemente a Ruby e alle Olgettine. Il Cavaliere è sempre stato netto, ha parlato di «bugie» e sempre puntato il dito contro una magistratura che «pur di farmi fuori è pronta a tutto». Ma le polemiche alla fine hanno fatto breccia se oggi Berlusconi è lontanissimo da quel 38% con cui trionfò alle Politiche del 2008.
Detto questo - al netto delle inchieste e delle ultimi vicissitudini, al netto dell'antipolitica che ha sguazzato davanti ai limiti incredibili di un sistema vecchio e corrotto al punto di auto ridicolizzarsi con Fiorito & Co - l'ex premier è l'unica àncora di salvezza di un centrodestra ridotto non solo a giocare in difesa ma persino a fare catenaccio. E al di là dei numeri in sé, al di là del risultato finale quando sarà chiaro come e quanto sarà governabile il Senato, Berlusconi resta comunque al centro della scena. Uno che in un mese rialza le sorti di un partito dato al dieci per cento fino a raddoppiarne il bottino. Uno che magari con qualche acciacco non si ferma un attimo e rimbalza da uno studio televisivo all'altro pur di non lasciare nulla d'intentato. Uno che è in grado di presentarsi davanti a Michele Santoro e Marco Travaglio e ribaltare qualunque previsione uscendo trionfatore dallo scontro. Un rush finale, quello di Berlusconi, che avrebbe messo alla prova un trentenne e che alla fine premia il Cavaliere. Ancora una volta, l'unico a crederci. E con una differenza rispetto alla rincorsa del 2006. Allora, quando arrivò a 20mila voti da Romano Prodi, ci credeva solo lui ma i suoi comunque ci speravano. A questo giro neanche questo, era il solo Berlusconi a crederci e a sperarci.
Le elezioni del 2013, insomma, al netto di come davvero finirà quando le bocce saranno ferme, ci consegnano un Berlusconi vivo nonostante tutto e tutti. Un Cavaliere più forte degli acciacchi, ma soprattutto più forte di chi era certo che gli sarebbe sopravvissuto. Più forte di Pier Ferdinando Casini – che siederà al Senato ma al prezzo di aver completamente bruciato la sua Udc - ma pure di quel Gianfranco Fini che qualche anno fa sembrava essere l'erede del nuovo centrodestra. Più forte persino di Mario Monti, arrivato poco più di un anno fa come il salvatore della patria e costretto a togliersi il loden per fare una campagna elettorale che non era chiaramente nelle sue corde. Ecco, l'hanno dato per morto e per bollito, eppure Berlusconi è sopravvissuto. Al punto che pure i teorici del rinnovamento e i profeti delle primarie del centrodestra sono dovuti rientrare silenziosamente nei ranghi. E non perché glielo abbia imposto il Cavaliere. Ma perché di alternative evidentemente non ce n'erano, perché a parole sono tutti buoni, ma poi arrivati ai fatti è un fuggi fuggi. Ne è una prova la Scelta civica di Monti, dove dovevano essere tanti e prestigiosi i «confindustriali» che «salivano» in politica e invece non c'è rimasto che il Professore da solo a mettere la faccia sulla sua più grande sconfitta.
Diciannove anni dopo quel lontano 1994, insomma, il Cavaliere non vince ma resta in piedi. Nonostante le spinte a farsi da parte siano state violentissime e pesanti, italiane e soprattutto straniere (in Europa e Oltreoceano). Nonostante alcune rassicurazioni che, questo raccontano i rumors, sarebbero arrivate dal Quirinale e poi disattese. E nonostante quel pressing della magistratura – il processo Ruby e l'appello di quello sui diritti tv sono in corso – che riprenderà molto presto. Berlusconi, dunque, può ancora giocare la partita da leader di un centrodestra che non si è comunque liquefatto (come è accaduto invece al centro montiano) e che anzi ha tenuto contro ogni previsione. Il Berlusconi che tutti davano per morto e che da oggi ricomincia a stare al centro della scena e a condizionare i giochi.
Certo, non può esimersi anche da un mea culpa il Cavaliere. Soprattutto perché lui è stato uno dei primi a cogliere l'irresistibile ascesa di Beppe Grillo e non ha saputo contrastarla. Sono mesi che Berlusconi guarda all'antipolitica e studia i comizi del comico genovese, ma la ricetta per contenere il Movimento cinque stelle che di voti ne ha tolti anche al Pdl non l'ha trovata. Battuto quasi sul suo stesso terreno di gioco. Ma questa è un'altra storia e forse è ancora presto per poterla raccontare nel dettaglio. Il punto, oggi, è che il centrodestra che doveva essere spazzato via resta in piedi. E ora viene il difficile. Perché se i numeri lo consentiranno il tentativo sarà ancora una volta quello di provare a lasciare Berlusconi alla finestra, di fare quello che Pier Luigi Bersani definisce educatamente «scouting».

Conquistare cioè i parlamentari del centrodestra e capire quanti di loro possono essere sfilati al Cavaliere. Difficilmente riuscirà, perché - qualunque sarà il dettaglio dei numeri - queste elezioni ci consegnano un risulto politicamente inoppugnabile e un Berlusconi Araba fenice, rinato ancora una volta dalle sue ceneri.

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