Il tour mediorientale di Mario Monti, alla fine, si è rivelato proficuo. Come un buon banchiere d'affari alle prese con un roadshow (le presentazioni itineranti destinate agli investitori) è riuscito a trovare un partner strategico nel Golfo Persico: l'emiro e primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani. Che per il grande pubblico è soprattutto colui che a suon di petrodollari ha portato Ibrahimovic e Thiago Silva a giocare nel suo Paris Saint Germain.
Per gli addetti ai lavori, però, è soprattutto il numero uno della Qatar Investment Authority (Qia), il fondo sovrano che quest'anno ha a disposizione oltre 30 miliardi di dollari da investire. E un po' di questa liquidità il premier Monti è riuscito ad accaparrarsela. Grazie all'intervento della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e di Qatar Holding (una controllata di Qia) sarà costituito «IQ Made in Italy Venture», un fondo partecipato alla pari dalle due istituzioni che avrà come obiettivo principale quello di investire nei settori tradizionali dell'eccellenza tricolore: alimentare, moda, lusso e turismo.
La dotazione iniziale sarà di 300 milioni, ma nell'arco di quattro anni l'impegno messo nero su bianco (con l'assistenza degli avvocati di Cleary Gottlieb e di Clifford Chance) è di 2 miliardi di euro. Insomma, un miliardo lo metterà la Cdp e un miliardo il fondo sovrano di Al-Thani. «Tutto questo dimostra come alcuni settori dell'economia italiana possano essere molto attraenti per quegli investitori stranieri che ne intravedono il potenziale di crescita», ha chiosato l'amministratore delegato della Cdp, Giovanni Gorno Tempini.
In fondo, l'obiettivo del premier e dell'apparato statale è proprio questo: attirare capitali esteri. E il fondo del Qatar era forse il partner più appropriato avendo già acquisito alcuni asset strategici del made in Italy: la maison Valentino, il consorzio Costa Smeralda e il 45% del rigassificatore di Rovigo. Più denaro arriva nel nostro Paese più le quotazioni ai minimi storici delle aziende possono riprendersi. Un affare per chi arriva, ma anche per chi in Italia vive.
Questo è lo slogan pubblicitario che il primo ministro Monti ha utilizzato. Eppure in questo sforzo da banchiere d'affari (o da promotore finanziario del sistema-Italia) c'è anche un côté politico. «Anche dopo le elezioni sono certo che i governi che verranno continueranno ad operare nel senso del risanamento e delle riforme strutturali», ha detto il presidente del Consiglio, facendo una marcia indietro riseptto alle dichiarazioni rese in Kuwait che avevano indispettito tutto l'arco parlamentare con quel «non posso garantire per il futuro» che suonava come una sfiducia a priori verso qualsiasi governo non tecnico-montiano uscito dalle urne. La conferma a Palazzo Chigi Mario Monti la sta cercando con altri mezzi. Come l'accordo strategico con il Qatar o come qualche altra partnership finanziaria. Non si dimentichi, infatti, che il suo nuovo «sponsor», Luca Cordero di Montezemolo con la sua Italia Futura, è il principale interlocutore italiano degli emiri di Abu Dhabi che ha invitato a partecipare alla ricapitalizzazione di Unicredit (e di cui sono diventati i primi soci) e per conto dei quali riveste la carica di vicepresidente del gruppo bancario.
Mario Monti & C.
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