Roma - Lavoro, Rai, giustizia, spesa pubblica, amministrative, «Repubblica». Sono tanti gli ostacoli in mezzo alla corsa di Monti, molti dei quali verranno sapientemente aggirati per non scivolare. Il primo nodo, che sta per sciogliersi grazie agli sforzi del ministro Elsa Fornero, si chiama riforma del mercato del lavoro. Il provvedimento è in dirittura d’arrivo ed entro fine mese la questione sarà definitivamente sbrogliata. Per il governo ma non per il Pd, visto che le modifiche principali saranno una sorta di groviglio stretto attorno al collo di Bersani e della sinistra più radical-conservatrice. Ma su questo tema né Monti né tantomeno il Pdl intendono soprassedere: in fondo è da mesi che ce lo chiede l’Europa, in nome della flessibilità, ritenuta necessaria come la riforma delle pensioni, già messa nel cassetto.
Su questo fronte Monti non arretrerà di un millimetro come invece presumibilmente farà sul capitolo Rai.
Nonostante le recenti rassicurazioni del premier («Vedrete, mi occuperò anche di viale Mazzini, datemi qualche settimana» disse in gennaio), l’ostacolo tv di Stato verrà aggirato. Se inizialmente l’intenzione del Professore era quella di rivedere la governance di viale Mazzini, col passare dei giorni gli intenti bellicosi si sono decisamente smorzati. Il niet di Pdl e Lega ha di fatto obbligato il premier a soprassedere, come ha ammesso il ministro Passera: «Non ci sono né i tempi né i modi». Così, tutto è rimandato nonostante il consiglio d’amministrazione di viale Mazzini scada il prossimo 28 marzo; ma nulla vieta che lo stesso cda possa reggere fino a giugno per l’ordinaria amministrazione.
L’altra gatta da pelare si chiama giustizia, tema sul quale Bersani e Casini chiedono con insistenza l’approvazione del pacchetto anticorruzione. Ma il Professore sa di infilarsi in un vero e proprio ginepraio dal quale è difficilissimo uscirne.
Sì, perché se l’asse Terzo polo-Pd ha tutto l’interesse di affrontare una materia come la giustizia per distrarre l’opinione pubblica dai temi economici, il Pdl s’è messo di traverso imponendo che se proprio di giustizia ci si deve occupare, allora vanno affrontati anche i capitoli della responsabilità civile dei magistrati, del giusto processo e delle intercettazioni. Un vero e proprio campo minato, insomma, dove i partiti rischiano la zuffa un giorno sì e l’altro pure. Così, bene ha sintetizzato un esponente di palazzo Chigi qualche giorno fa: «Non ci impiccheremo certo per viale Mazzini o per la giustizia». Insomma, alla larga dalla giustizia, anche se nell’incontro di giovedì tra Monti e i tre leader Alfano, Bersani e Casini le riforme di magistratura e Rai saranno comunque all’ordine del giorno.
L’ostacolo che invece non si può aggirare è quello relativo alla spending review, ossia alla lista delle spese dello Stato, necessariamente da rivedere. Il ministro dei Rapporti con il Parlamento Piero Giarda, proprio ieri, ha cominciato a parlare di cifre. «Circa 100 miliardi di euro destinati alle spese di personale, di funzionamento e consumi intermedi». La missione? Ridurre gli sprechi per poter abbassare le tasse: cosa da applausi. Peccato che arriverà il momento in cui bisognerà indicare dove e come usare la scure e allora saranno dolori. Di certo arriveranno al pettine i nodi relativi alla spesa sanitaria (i mal di pancia delle Regioni sono assicurati) e quelli dell’impiego pubblico (altro dolore per sindacati e sinistra).
Un freno indiretto all’azione di governo potrebbe essere azionato dall’esito delle amministrative. Se i risultati dovessero essere molto pesanti per il Pdl, l’anima malpancista del partito potrebbe alzare la voce per chiedere ai vertici un cambio di rotta. Insomma, alla luce dell’eventuale flop elettorale gli antimontiani potrebbero reclamare lo «staccamento della spina» del governo per non morire definitivamente.
E sul fronte centrosinistra? Qualcuno vede, nei guai dell’ex tesoriere della Margherita sotto inchiesta a Roma per appropriazione indebita, Luigi Lusi, un elemento di debolezza indiretta per Monti. Ma la lettura più accreditata è un’altra. «Lusi rafforza Monti, non lo indebolisce - spiega un anonimo pidiellino - l’immagine che ne esce è del politico mangione che s’ingozza di spaghetti al caviale da 180 euro. Monti invece è così sobrio... Al Professore fanno solo bene queste notizie».
Altro presumibile intoppo è il cosiddetto partito di Repubblica: largo Fochetti, che ha osannato Monti per aver tolto di mezzo il male assoluto Berlusconi, d’ora in poi potrebbe avere un atteggiamento meno indulgente nei confronti del Professore. Specie se, come sembra, quest’ultimo non dovesse operare come da loro richiesto su Rai, giustizia e frequenze televisive.
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