E ora a Berlino hanno la faccia tosta di fingere indifferenza per le sorti politiche dell'Italia. «Il governo non risponde volentieri a domande sulla campagna elettorale italiana», afferma chiaramente a disagio Steffen Seibert, il portavoce di Angela Merkel, che promette un atteggiamento «cauto» da parte della Cancelliera sullo sviluppo del dibattito politico italiano. Una resipiscenza tardiva, visto l'asfissiante pressing operato dal Bundeskanzleramt per la candidatura di Monti a Palazzo Chigi, l'allarmismo su un possibile effetto a catena nel caso di un aggravarsi della crisi italiana (circostanza data per certa dai tedeschi in caso di mancata riconferma del Professore a Roma) e il florilegio di critiche e sbeffeggiamenti alla ridiscesa in campo di Berlusconi. E anche per il futuro c'è da non credergli granché.
L'ombra della Germania, non c'è niente da fare, è sempre bella lunga sulle nostre faccenduole politiche. Mario Monti, nominato salvatore della patria dai tedeschi, reca sulla schiena il bollino di «più gradito da Angela Merkel» ed è quindi intenzionato a dare vita a un rassemblement - comunque esso si configuri: lista unica, federazione, alleanza - a forte valenza filotedesca e filoeuropea. Praticamente un partito colonizzato e felice di esserlo. Al punto che secondo voci di corridoio il Professore avrebbe imposto una sorta di garanzia che mai ci siano da parte di alcun esponente della federazione di centro pronunciamenti contro la Germania, contro Bruxelles, contro l'euro, contro l'Europa. Una cessione anticipata della sovranità (e addirittura delle opinioni) per non fare arrabbiare gli sponsor politici d'oltreconfine.
Vota-Merkel-vota-Merkel. Una novità rivoluzionaria nel panorama politico italiano quella di una forza politica fondata su un divieto di critica non meno che su un programma. Roba quasi staliniana. Monti non vuole correre il rischio di ritrovarsi a fare comunella con qualcuno che possa essere ogni tanto visitato dal dubbio che ci sia del marcio anche a Berlino, che Bruxelles non sia il Paese dei balocchi, che l'euro sia la panacea. Naturalmente la clausola nasce soprattutto per tarpare le ali ai possibili transfughi del Pdl, che vengono visti come possibili mine vaganti sul fronte dell'obbedienza a frau Merkel. Anche i più entusiasti tra gli europeisti del centrodestra hanno infatti vissuto momenti di fastidio nei confronti della Cancelliera. Ad esempio Franco Frattini, montiano doc, nell'ottobre 2011 manifestò chiaramente il suo disagio per l'asse bilaterale tra Merkel e Sarkozy che in quelle settimane prendeva forma: «L'Italia - disse l'allora titolare della Farnesina - è convinta che una situazione globale non si risolve con assi bilaterali. Francamente di tutto l'incontro tra la Merkel e Sarkozy non siamo riusciti a comprendere quale sia stato il succo, non c'era un'agenda dichiarata, ma non sappiamo neanche se c'era un'agenda sostanziale». E anche sugli altri esponenti Pdl di rito montiano c'è qualche diffidenza.
Il modello a cui aspirare è quello di Pier Ferdinando Casini, detto «copia carbone» per il modo in cui negli ultimi tempi ha scimmiottato Angela Merkel soprattutto nelle frasi contro il Cavaliere. «Berlusconi ha fatto un grave errore a far cadere Monti», disse Pier Ferdy dopo la «sfiducietta» decisa dal leader del Pdl all'attuale presidente del consiglio. Non sembra di sentire la Cancelliera?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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