RomaLibano, Israele ed Egitto. Monti fugge per tre giorni lontano dallItalia. E lascia dietro a sé polemiche roventi sul progetto di riforma del lavoro. Confindustria e piccole e medie imprese continuano ad arricciare il naso: le nuove regole non creeranno nuovi posti di lavoro.
Tra i partiti soltanto il Pd sembra esultare per il disegno di legge che martedì planerà in Senato, forte di un gentleman agreement dellAbc per non stravolgerne limpianto. Ma non è che soddisfi tutti, anzi. Persino Fini, capo del Fli, adesso avanza qualche perplessità: «Dipendesse da me, toglierei buona parte di tutti i contratti a tempo parziale e li sostituirei con i contratti a tempo indeterminato, garantendo nel contempo agli imprenditori, qualora le cose dovessero andare male, la possibilità di licenziare». Mentre nel Pdl non si placano i malumori. Giuliano Cazzola, massimo esperto di lavoro, è super scettico: «Adesso, occorreranno anni prima che sia ripristinato un quadro di regole assestate e condivise. Nel frattempo, nellincertezza determinatasi, le aziende non assumeranno, né con rapporti stabili né temporanei, per non correre il rischio di doversi caricare di personale a tempo indeterminato in un contesto produttivo ed economico precario come lattuale. Sempre che non comincino a licenziare». Già, perché la situazione economica è vicina al collasso. Recessione, recessione, recessione.
Da Beirut, il premier si difende soprattutto dallaccusa di aver preso provvedimenti che possono risultare controproducenti per la crescita economica: «Anche lItalia sta vivendo una fase di strategic review - dice ai militari italiani della missione Unifil stanziati nel sud del Libano -: uno sforzo per le riforme che comporta sacrifici che sono necessari per riportare il Paese verso la crescita e al suo ruolo di Paese influente e rispettato nellEuropa comunitaria». Ma di austerità e di tasse il mondo produttivo rischia di lasciarci le penne. A peggiorare la situazione, il fatto che per finanziare gli ammortizzatori sociali si sia pensato di agire sulla leva fiscale. Ancora.
Insomma, il secondo tempo del governo, quello dedicato alla crescita e al contenimento dellenorme debito pubblico, tarda ad arrivare. Dopo il «salva Italia» (pensioni e patrimoniale mascherata), il «cresci Italia» (liberalizzazioni e lavoro), ora servirebbe un «taglia Italia»: ossia una sforbiciata a sprechi e spesa pubblica. E su questo delicato capitolo ci sta lavorando principalmente il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Pietro Giarda. È lui, assieme al viceministro dellEconomia Vittorio Grilli e al ministro per la Semplificazione e la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, a gestire il mega file della spesa pubblica. In questi giorni si stanno esaminando i bilanci di tutti i ministeri per poi operare col bisturi. Bandita la pratica dei tagli lineari tremontiani, Monti ha chiesto a ognuno di verificare dove poter operare. Dal governo assicurano che entro aprile, sul tavolo del Consiglio dei ministri, dovrebbe arrivare un primo rapporto dettagliato sul tema. Si individueranno, cioè, delle «criticità di spesa» su cui agire. Il grosso è diviso in due mega filoni: spese per il personale e spese per le forniture di beni e servizi. Il monte risorse su cui ci si focalizza è una torta che vale poco più di 100 miliardi di euro e, tagliando alcune fette, si conta di risparmiare un bel po. Quanto non è dato sapere e nessuno, nellentourage di palazzo Chigi, si azzarda ad anticipare una cifra. Quando, neppure.
Nellattesa, Monti cerca di respirare allestero, minimizzando le critiche alle sue misure: «Qualche volta in Italia notiamo, a torto, le divisioni, ma è sorprendente vedere quello che lItalia è capace di fare quando agisce con unità ed entusiasmo», dice nella base di Shamaa, nel sud del Libano. Ai 1.100 soldati impegnati nella zona assicura quindi che lItalia «manterrà» il suo impegno in Unifil, «nonostante il momento sia difficile».
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