Monti paga gli stipendi di De Magistris

Monti paga gli stipendi di De Magistris

Anche questa volta San Gennaro ha fatto 'o miracolo. E come per magia si sono materializzati quei 60 milioni che consentiranno a Napoli e al suo estroso sindaco Luigi «Giggino» De Magistris di poter pagare gli stipendi ai dipendenti comunali (netturbini compresi) fino alla fine dell'anno.
L'artefice dell'apparizione, però, è umano e non divino. Si tratta del ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri, che - con la preziosa collaborazione del ministro dell'Economia Vittorio Grilli - ha reperito immediatamente i fondi per salvare il capoluogo campano e tanti altri Comuni dallo spettro del fallimento. Con un decreto varato in fretta e furia si è infatti deciso di anticipare la metà dell'ultima rata del Fondo sperimentale di riequilibrio per i Comuni delle Regioni a statuto ordinario sbloccando immediatamente 1,19 miliardi di euro per le esigenze di cassa degli enti locali in difficoltà finanziarie.
Gli 11mila dipendenti comunali partenopei (che arrivano a quota 20mila considerando le controllate) infatti rappresentano la punta di un iceberg. Quegli 1,19 miliardi scovati nelle pieghe del bilancio pubblico rappresentano solo un palliativo per un grande malato come la finanza locale italiana. Anche il governo di Mario Monti ha una fetta di responsabilità perché, tra un decreto e l'altro, si è fatto un po' prendere la mano mescolando due argomenti che in realtà avrebbero dovuto restare separati: la revisione della spesa (o spending review come ormai è di moda dire) e il federalismo fiscale.
L'origine del caos è nel decreto salva-Italia che ha tagliato per 950 milioni di euro i trasferimenti ai Comuni capoluoghi. Un buco al quale si è cercato di porre un rimedio da una parte con l'utilizzo dell'Imu (invenzione fiscale collegata al federalismo) come veicolo per pompare la finanza locale attraverso il 50% degli introiti di questa nuova imposta municipale. L'amara sorpresa, tuttavia, è stata negli acconti versati nello scorso giugno: se per Comuni più grandi come Roma e Milano la tassa ha funzionato, per tutti gli altri il gettito è stato irregolare determinando una situazione di crisi.
Su questo filone è andato a inserirsi il decreto sulla spending review che ha cercato di recuperare qualche risorsa per città, Province e Regioni (800 milioni dei quali 300 già stanziati per un saldo netto di 500 milioni). Ma, in realtà, anche questa operazione si è rivelata una sorta di maquillage contabile perché non ha consentito di appianare quello «stress» che Napoli e altri capoluoghi come Lodi stavano già affrontando. Ad esempio, il Comune lombardo ha sospeso dall'inizio del mese i pagamenti ai fornitori per carenza di liquidità.
Di qui l'«invenzione» del Consiglio dei ministri di ieri: l'anticipo della terza rata del Fondo (da complessivi 6,8 miliardi). «Un atto dovuto», ha commentato il delegato Anci (l'associazione dei Comuni) Guido Castelli rilevando che l'intervento «è stato imposto dalle incertezze che da sempre hanno caratterizzato l'Imu, soprattutto nel raffronto con il gettito Ici». Il sindaco di Varese, il leghista Attilio Fontana, è già sul piede di guerra. «Se il governo non cambierà qualcosa, allora saremo costretti ad aumentare la pressione fiscale sui cittadini o tagliare i servizi essenziali», ha commentato stigmatizzando «il centralismo esasperato che annichilisce gli enti locali».
Nelle parole del primo cittadino varesotto emerge la rabbia per un'altra innovazione del decreto salva Italia: la centralizzazione delle tesorerie che di fatto ha privato i Comuni della possibilità di manovrare la cassa per far fronte agli sbilanci che necessariamente si creano. Da gennaio, infatti, è tutto in mano al Tesoro che ha chiuso i rubinetti per appianare un po' di deficit. Anche per questo motivo ieri l'Anci è tornata alla carica chiedendo al governo di raddoppiare le anticipazioni di tesoreria per gli enti locali. Questione di cui sicuramente si riparlerà dopo la pausa estiva.
E allora 'o miracolo di San Gennaro è reale oppure altre nubi sono destinate ad addensarsi all'ombra del Vesuvio? Il governo di Mario Monti, nella foga di presentare conti più in ordine all'Europa (e soprattutto alla Germania di Angela Merkel) avrà anche commesso qualche errore di valutazione. Ma sicuramente era irrealistica la speranza di Giggino De Magistris di riuscire a ottenere un provvedimento-ponte che mettesse al sicuro «l'oro di Napoli» magari fino all'anno prossimo. Con la non tanto velata intenzione di presentarsi all'appuntamento elettorale con una pezza a colori.

Se l'intervento del governo ha recuperato oltre il 60% dei tagli del salva-Italia, il problema si riproporrà nel 2013. E dato non meno importante, Giggino ha avuto circa nove mesi per fare 60 milioni di economie (e non i soliti tagli arruffoni dell'ultimo minuto). Perché non sempre può pensarci San Gennaro.

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