Monti precipita nei sondaggi «È il momento della crescita»

Monti precipita nei sondaggi «È il momento della crescita»

RomaC’è un altro spread che preoccupa Monti. Vale a dire il differenziale tra il suo consenso appena insediato e quello odierno. Un dato che parla chiaro: pessimo. A pubblicare le secche cifre di un sondaggio Ipr Marketing, repubblica.it. Il calo nel gradimento da parte degli italiani è netto e riguarda tutti i ministri dell’esecutivo, a eccezione del Guardasigilli Paola Severino che rimane sostanzialmente in pari. Per gli altri è segno meno. Il trend di fiducia in Mario Monti come presidente del Consiglio è precipitato da prima della manovra «salva Italia» quando faceva segnare un 62 per cento. Ora, ad aprile, il dato è sceso a 51 per cento. Meno 4 per cento in un solo mese. Non solo: oggi più di 4 italiani su dieci hanno «poca o nessuna» fiducia in lui. Male anche il giudizio nel governo nel suo complesso. Se a gennaio il 55 per cento dei cittadini aveva fiducia nei tecnici, oggi ne ha soltanto il 45 per cento. Meno 5 per cento rispetto a marzo. Attenzione, poi: il dato relativo a chi ha «poca o nessuna» fiducia nell’esecutivo supera di due punti quello di chi ne ha «molta o abbastanza». Ma non è soltanto Monti a pagare pegno nella classifica del gradimento. Quasi tutti i ministri di peso del governo hanno davanti un segno «meno» rispetto al mese precedente. E si tratta di un vero e proprio tracollo rispetto alla data del loro insediamento. Elsa Fornero, per esempio, era partita lancia in resta: si fidava di lei il 58 per cento degli italiani. Ora soltanto il 42. Il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, era partito malino. Poi, in marzo, il boom (53%). Ora soltanto il 50 per cento (meno 3). Anche Piero Giarda, il ministro taglia-spesa, sta andando in rosso: dal 54 per cento a inizio mandato, al 49 di marzo, al 46 di aprile. Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri, invece, resta sostanzialmente stabile e oltrepassa il 50 per cento dei consensi.
Ma il premier non se ne cruccia o - quantomeno - non se ne occupa personalmente perché impegnato a Bruxelles. Lì, in quella che considera la sua seconda casa, il Professore tiene una sorta di lezione alla conferenza dell’European Business Summit. Tema principale: la crescita. «Ora l’Europa ha bisogno di politiche di aumento della crescita potenziale - ripete il suo mantra - ma deve continuare a evitare politiche che darebbero l’impressione di contribuire alla crescita in modo effimero e perseguire politiche che facilitano la crescita generata da riforme strutturali». Tradotto: non potremo creare sviluppo in deficit, come fatto in passato. Lo dice chiaro e tondo, il Professore: «L’Italia sta facendo un grande sforzo per raggiungere il pareggio di bilancio già nel 2013 e rifiuta politiche illusorie e vecchio stile che puntano a generare crescita con politiche pro-deficit». E ancora: «Le riforme strutturali sono assolutamente necessarie, ma di per sé non danno crescita. Aumentano la produttività e la competitività dell’economia, ma perché questo si trasformi in crescita c’è bisogno della domanda dei beni e servizi prodotti».
Poi Monti gonfia il petto: «L’Italia è stato forse il primo Paese, già molti mesi fa, a porre l’accento sul tema della crescita e a metterlo in cima all’agenda Ue», dice. In ogni caso vuole lanciare un messaggio rassicurante alla Merkel, preoccupata che il prossimo 6 maggio all’Eliseo si insedi il socialista François Hollande. Il candidato alla presidenza francese ha già fatto sapere di voler rinegoziare il rigido e teutonico fiscal compact (le nuove regole sulla disciplina di bilancio) e Monti strizza l’occhio alla cancelliera: dobbiamo lavorare per creare sviluppo nell’Eurozona «senza che questo sia in contrasto con il buon lavoro sulla disciplina fiscale fatto inizialmente su impulso della Germania». Come a dire: fìdati di me, Angela, faremo insieme i guardiani dell’obbligo dei conti a posto. Più esplicito ancora: «Una revisione del fiscal compact non è all’ordine del giorno». Ma attenzione: anche la cancelliera deve cedere qualcosa. E all’orizzonte già si intravvedono non gli eurobonds ma i project bonds: obbligazioni europee finalizzate a specifici progetti infrastrutturali nel settore dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni.


Basteranno? In compenso oggi il premier tornerà a Roma ma pare rimandato al Consiglio dei ministri di lunedì prossimo un altro momento clou del governo: quello della spending review. Un documento su cui le aspettative si fanno incalzanti e su cui Monti si gioca un’altra bella fetta di fiducia.

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