Le onde increspate del lago di Como hanno lasciato il posto alle pareti sfolgoranti del Kilometro rosso, ma lo spirito è un po' quello del Forum Ambrosetti. Facce composte e grisaglie impeccabili che sembrano uscite da un Cda o da un'aula della Bocconi. E invece sono i candidati della lista Monti. Sì, è una Cernobbio un po' pop quella che va in scena nel parco tecnologico alle porte di Bergamo. Ma più «emozionale», come riassume l'impeccabile Ernesto Auci, ex direttore del Sole24Ore e oggi, più impeccabile che mai, candidato in Piemonte. Il premier uscente ci mette qualche granello di emotività, mostrando un'increspatura lacrimosa, inattesa in un volto così computerizzato. Succede verso la fine della kermesse, quando Monti spiega che avrebbe voluto «dedicarsi di più ai quattro, presto cinque nipotini, ma avrei fatto torto a loro e ai nipotini di tanti altri italiani». Breve pausa, sentimenti che affiorano, poi Monti si riprende: «Non vorrei emozionarmi». La claque si alza in piedi e gli tributa la standing ovation. «Mi è venuta l'emozione», si scalda lui, si fa per dire, in un altro momento della lunga giornata: per metà seminario a porte chiuse, con l'ex direttore del Tempo Mario Sechi nelle vesti di indottrinatore, e per l'altra metà pubblica presentazione, sempre coordinata dall'onnipresente Sechi.
Ci voleva una certa dose di coraggio per venire a sfidare il popolo delle partite Iva, dei commercianti, degli artigiani e dei piccoli imprenditori, che annaspano sotto un diluvio senza fine di tasse, proprio a Bergamo, roccaforte leghista e cuore dell'Italia produttiva che arranca. Monti ci prova e si affida per la location ad Alberto Bombassei, presidente della Brembo, colosso mondiale dei freni e capolista alla Camera nella Lombardia orientale. E Bombassei offre le chiavi ovattate di quel gioiello postfordista che è una metafora dell'Italia di oggi: promette il futuro, ma in realtà è ancora una distesa di prati visibili a chi percorra la Serenissima.
Dunque, il salotto buono di Cernobbio prova a gettare le sue basi nella società. L'ambizione è creare un soggetto politico nuovo, capace di intercettare le migliori energie e spezzare il dualismo destra-sinistra. In un lungo colloquio col direttore del Corriere della sera Ferruccio de Bortoli, Monti riassume, con un affondo durissimo, il senso della sua entrata in campo: «Non possiamo rimettere l'Italia nelle mani degli incapaci, che l'hanno portata al novembre 2011, la vecchia politica non deve tornare. Il governo tecnico non sarebbe stato chiamato se la gestione della cosa pubblica fosse stata nelle mani di politici capaci e credibili». Così, con parole affilate, Monti sistema Berlusconi e il centrodestra. Ma davanti alla platea adorante del Kilometro rosso va anche oltre attaccando la Lega: «Invidiano la Germania ma poi dicono che è colpa della Germania se siamo in questa situazione». Poi prova a regolare anche i conti con l'altra parte: «Vendola ha detto che sì, in fondo si può anche collaborare con Monti purché faccia autocritica». Il premier si blocca e artiglia: «Ma stiamo scherzando?». Gli applausi si susseguono e si susseguono gli interventi del centro che non vuole essere un centrino ma sfodera volti nuovi. Ilaria Capua, virologia di fama internazionale, vestita di rosso e festeggiatissima, e Matteo Campodonico, giovane imprenditore di Chiavari che ce l'ha fatta dribblando con orgoglio e tenacia la burocrazia. Enrico Bondi, il tagliatore dei tagliatori, meno grigio e ragioniere del solito, sorride enigmatico laggiù in fondo. Poi parlano i generali: l'ex presidente della provincia di Trento Lorenzo Dellai, il ministro Andrea Riccardi, l'ex numero uno delle Acli Andrea Olivero, Luca di Montezemolo, cotonatissimo e più lungo di Monti, anzi fluviale nel martellare i suoi mantra: «talento», «brand», «L'Italia è un Paese meraviglioso», «Facciamo squadra, anzi siamo già una squadra vincente». Mancano solo i Baci Perugina, con le frasi zuccherose dei loro cartigli. E manca anche il popolo, quello vero, quello che paga l'Imu e tutto il resto.
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