Monti prepara la patacca e punta sulle «carte false» Ue

In arrivo venerdì l'ultimo regalo di Bruxelles al premier: un dossier per dimostrare che il suo governo "ha salvato l'Italia". Ma i dati economici dicono il contrario

Il presidente del Consiglio uscente, Mario Montil
Il presidente del Consiglio uscente, Mario Montil

L'ultimo assist di Bruxelles a Mario Monti, potrebbe arrivare venerdì. Ben oltre la zona Cesarini, visto che il giorno dopo in Italia si vota. La voce circola da qualche giorno tra Bruxelles e Roma: gli «affari economici» della Commissione europea si apprestano a dare un aiutino (per la verità non inedito) al presidente del consiglio uscente. Un riconoscimento che in altri dati ufficiali - ad esempio quelli contenuti nell'ultimo bollettino di Bankitalia - manca. Cioè una promozione a pieno titolo dell'azione dell'esecutivo tecnico, passando sopra il debito che è cresciuto, il deficit che non si ferma e la spesa pubblica con il segno più.
Tesi opposta a quella che nella comunità degli economisti è ormai di consenso comune, cioè che la crisi è stata tamponata dalle scelte della Bce di Mario Draghi, più che da quelle dei singoli governi.
L'appuntamento sarebbe di quelli che più tecnici non si può: le previsioni economiche d'inverno per gli anni 2013-2014 del commissario agli Affari economici Olli Rehn.
A dare un colore politico potrebbero arrivare dati, o interpretazioni, talmente benevoli con l'Italia del 2012 da portare acqua alla tesi di Monti. Un aiutino tecnico, insomma, tutto da definire, ma che potrebbe dare al candidato premier di Scelta civica, Udc e Fli un boost per ravvivare una campagna che langue e sondaggi sottotono.
Fin qui niente di nuovo. Olly Rehn, commissario agli affari economici, ha praticamente già fatto il suo endorsement politico. Per esclusione. Il 30 gennaio ha accusato il governo Berlusconi di avere deciso «di non rispettare più gli impegni presi in estate con l'Europa». Quando proprio nell'estate 2011 il governo di centrodestra varò la prima manovra, alla quale seguirono quelle di Mario Monti che, in larga parte, attuarono politiche già impostate. Disse anche che il governo «soffocò la crescita dell'Italia». Che poi sarebbe in contraddizione con la precedente affermazione. Seguirono precisazioni, del portavoce, per dire che il commissario «non voleva in nessun modo influenzare la campagna elettorale».
Di sicuro l'uscita dell'esponente finlandese del gruppo europeo dell'Eldr (quello al quale appartiene il partito di Antonio Di Pietro) approdato all'esecutivo Ue, qualche malumore nella commissione lo creò. E un'altra uscita pro esecutivo, se non dovesse rientrare, non potrebbe che suscitare malumori. Anche perché a Bruxelles si sta facendo sempre più strada l'idea che interferire con la politica dei paesi membri, in particolare in Italia, ha effetti controproducenti. Uno spot al contrario per l'Ue insomma.
Comunque, le antipatie di Rehn per il Pdl, sono un dato acquisito. Così come le antipatie tedesche per Silvio Berlusconi.
La novità sarebbe l'ispiratore dell'ultimo assist europeo, individuato dai boatos euro-italiani in Romano Prodi, ex presidente della commissione Ue, due volte premier con il centrosinistra, tornato alla politica attiva con la partecipazione al comizio di Pier Luigi Bersani di Milano. Con i buoni uffici di un eurodirigente di rango come Marco Buti, direttore generale degli Affari economici. Italiano e con simpatie politiche a sinistra.

Resta da chiedersi: come mai un assist di Prodi a un pericoloso concorrente per la corsa al Quirinale? La possibile risposta è che voglia assicurarsi proprio il sostegno di Monti. Il leader centrista, al Colle ha già rinunciato da tempo. Gli basta il riconoscimento di avere salvato l'Italia. Lui, non l'altro Mario.

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