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Monti si dimette (ma non troppo)

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Passo indietro. Anzi no. Monti, che aveva sbattuto la porta di Scelta civica annunciando l'iscrizione al gruppo misto, dà le dimissioni per metà: non è più presidente ma resta nel gruppo di Sc. «Emergano nuove leadership», dice rimanendo in una casa dove ormai volano i piatti. E lui ne lancia molti. Addio Monti. Almeno quello sobrio e pacato che ha calamitato su di sé i salamelecchi di grande stampa, salotti buoni ed euroburocrazie. «Salito» in politica, è però «sceso» tra le pozzanghere partitocratiche; ed è emerso il Monti livoroso. Conferma che di Monti ce ne sono due, Pier Ferdinando Casini, suo sponsor quando Napolitano lo piazzò a palazzo Chigi. Ora, che sono ai ferri corti, il capo udiccino lo becca via Twitter: «Ho conosciuto due Monti: sono affezionato al primo; del secondo non parlo». Il secondo ha appeso il loden al chiodo per indossare la kefiah.
Il Professore continua a insultare a destra, a manca e al centro. Picchia duro il ministro Mario Mauro che il senatore chiama «Solone» e «traditore». Scelta cinica più che civica. Mauro e Casini sono i bersagli prediletti: «improbabili compagni di viaggio» che «fanno politica col Gps, specialisti dello slalom politico». Nel partito è zuffa perché i casiniani vorrebbero un appoggio convinto al governo mentre il Prof vuol fare la lezione. Infatti anche a Letta non le manda a dire: «Dovrebbe fare scelte che scontentino sia la destra sia la sinistra sia il centro. Invece, per ingraziarsi Berlusconi ha realizzato, in particolare sull'Imu, il programma del Pdl. Letta s'è inginocchiato». Ira funesta per aver sbianchettato la tassa più odiata dagli italiani che porta la sua firma. C'è il Monti che, al Foglio il 27 agosto, pontifica che «bisogna superare il bipolarismo dell'odio e del disprezzo»; e c'è l'altro che l'odio e il disprezzo lo fomenta. Con il capogruppo Pdl alla Camera l'astio è antico: «Si scrive governo Letta ma si legge Brunetta», dice colpendone due in un colpo solo. Celebre, in campagna elettorale, è il suo exploit contro Brunetta: «Sta portando, con l'autorevolezza di un professore di una certa statura accademica - lo irride per l'altezza - il Pdl su posizioni estreme e settarie». A ridosso del voto, subodorando la débâcle, Monti già scalciava. Specie Berlusconi: «È un cialtrone chi dice di aver lasciato l'Italia in buone condizioni nel 2011 e che io l'avrei portata sul baratro»; e ancora: «L'Italia può anche cadere nel ridicolo come è accaduto per l'atteggiamento ridicolo tenuto da qualcuno in passato».
Già allora era emerso il Monti astioso che, oggi, non perdona nessuno.

Neppure Daria Bignardi, rea di avergli regalato il cagnolino Empy: «Chi vi parla - ha detto dall'Annunziata - in uno studio televisivo si è trovato tra le braccia, di sorpresa, poco corretta, ad opera di una sua collega, collega è dire molto, un cagnolino». Monti di perfidia.

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