Roma - Produzione e consumi in calo, disoccupazione in crescita e, inevitabilmente, conti pubblici che vanno peggio del previsto. Ma una manovra aggiuntiva no, quella non è nei piani, almeno per il momento. Giornata difficile per il premier Mario Monti alle prese con le previsioni economiche della Commissione europea che non sono buone. Come se non bastasse, il rapporto primaverile di Bruxelles ha anche dato luogo a un mezzo equivoco. Per qualche ora è circolata la notizia che l’esecutivo europeo prevede una manovra aggiuntiva per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013, una correzione di mezzo punto di Pil. Quindi altri 7,5 miliardi di tagli o, più verosimilmente, tasse.
Interpretazioni errate del testo - hanno precisato fonti di Palazzo Chigi- e lo stesso commissario agli Affari economici Olli Rehn ha precisato che «l’Italia è sulla strada giusta per raggiungere i suoi obiettivi di bilancio nel 2012 e 2013 e da questo punto di vista non c’è alcun bisogno di nuove misure per il consolidamento fiscale». Il riferimento alla correzione, insomma, sarebbe alle misure già previste della manovra di dicembre. Ed effettivamente, tra clausole di salvaguardia e aumenti dell’Iva, il «Salva Italia» è tarato anche per scenari peggiori.
Ma questo non significa che il Belpaese stia navigando verso acque tranquille né che si possa permettere di abbassare la guardia. Nemmeno sui conti pubblici. Il rapporto deficit/Pil nel 2013, anno del pareggio, sarà all’1,1 per cento nel 2013, «un po’ al di sotto del target fissato allo 0,5%», ha osservato Rehn. Male la crescita, con il Pil che registrerà nel 2012 una flessione dell’1,4%, mentre nel 2013 salirà dello 0,4% solo grazie alle esportazioni.
Anche il governo europeo si è accorto che i consumi interni vanno molto male. «Continueranno a calare sino alla fine del 2012 e poi cominceranno a stabilizzarsi nel 2013». Malissimo il lavoro, con la disoccupazione che, secondo la Commissione Ue, continuerà a crescere, dall’8,4% del 2011 al 9,5% nel 2012 e al 9,7% nel 2013.
Insomma, non siamo la Spagna né tantomeno la Grecia, ma in Europa siamo ancora sorvegliati speciali, a causa del debito e degli interessi che dobbiamo pagare sui titoli di stato. L’allarme per il futuro emerge dalle parole pronunciate ieri dallo stesso premier. «Abbiamo visto gli Stati membri dell’Unione europea che hanno dovuto sottoporsi ai programmi della Commissione Europea, della Bce e del Fondo Comunitario: sono Paesi che hanno dovuto cedere pezzi della loro sovranità nazionale e questa è l’ultima cosa che augurerei all’Italia perché le conseguenze sarebbe incalcolabili».
In altre parole non è ancora esclusa l’ipotesi di un sostegno all’Italia, come quelli che sono toccati ad Atene.
Il rigore, quindi, è stato una scelta giusta e resta l’unica strada anche di fronte alle difficoltà che affrontano gli italiani. È servito, spiega Monti, «a rimettere in ordine i conti e per restituire al nostro Paese la dignità e il ruolo tra i grandi paesi europei».
Ieri è stata anche la giornata delle misure per il Mezzogiorno. Il Consiglio dei ministri ha riprogrammato fondi europei per 2,3 miliardi, destinandoli alle fasce deboli al Sud. Non nuovi stanziamenti, quindi, ma il riciclo di risorse già a bilancio e destinate a iniziative ormai «obsolete». Confermata la social card del governo Berlusconi, con altri 50 milioni destinati alla nuova «sperimentazione», annunciati dal ministro del Welfare Elsa Fornero. Ci sono interventi per potenziare la rete degli asili nido e programmi di assistenza personalizzati per gli anziani non autosufficienti. Ma si punta anche a interventi per l’autoimpiego e all’autoimprenditorialità.
Decisioni - ha precisato Monti - assunte «non perché ce lo hanno chiesto i partiti ma perché lo chiede la società.
Non ci vedrete mai fare cose che non ci convincono perché ce le chiedono i partiti». Non è una fase due indotta dai mal di pancia nella maggioranza, insomma, anche se «è ovvio che ci importa molto dei partiti e non potremmo mai vivere senza loro».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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