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È morto Nerio Nesi, il "banchiere rosso" della sinistra italiana

Lo storico banchiere, ex partigiano e dirigente del Psi, è deceduto oggi a Torino all'età di 98 anni

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Il banchiere Nerio Nesi è deceduto oggi a Torino all'età di 98 anni. "È con profondo dolore che il presidente della Fondazione Camillo Cavour, Cav. del Lav. Marco Boglione, ha appreso della morte del presidente onorario della Fondazione Cavour, dottor Nerio Nesi", si legge nel sito ufficiale dell'istituto.

Anche il deputato del Pd Roberto Speranza ​esprime su Twitter il suo cordoglio per la scomparsa di Nerio Nesi: "Perdiamo - ha scritto l'ex ministro - una grande personalità della cultura socialista e democratica del nostro Paese". Anche Valdo Spini, ex-vicesegretario del Psi e presidente della Fondazione Circolo Rosselli, ha dato il suo ultimo saluto a Nesi e ha ricordato "la comune militanza nella sinistra socialista e la sua vicinanza al suo leader, Riccardo Lombardi". E ancora: "Nesi aveva maturato una particolare competenza tecnica fin dai tempi della sua direzione finanziaria della Olivetti e poi nelle importanti responsabilità bancarie da lui rivestite". Valdo Spini ha, poi, concluso: "Negli ultimi anni non aveva fatto mancare il suo intelligente contributo a tante attività culturali in Piemonte, la Regione nella quale si era stabilito, e del cui Consiglio regionale aveva fatto parte".

Nato a Bologna nel 1925 da una famiglia di umili origini, Nesi si unisce giovanissimo ai partigiani e, dopo la Resistenza, si laurea in Giurisprudenza. Inizia a far politica tra le file della Democrazia Cristiana, ma poi abbandona la politica per buttarsi nel mondo della finanza come banchiere. Negli anni '60 si iscrive al Psi e diventa vicepresidente della Cassa di Risparmio di Torino. Nel 1978 viene nominato presidente della Banca Nazionale del Lavoro, ruolo che ricopre fino al 1990.

Due anni dopo lascia il Psi per dissidi con Bettino Craxi e nel 1995 aderisce a Rifondazione Comunista, partito col quale viene eletto in Parlamento. Nel 1998 viene nominato ministro dei Lavori pubblici in quota PdCI (partito fondato da Armando Cossutta dopo la rottura con Fausto Bertinotti) nel secondo governo Amato. Nel 2000 si candida a presidente della Regione Lombardia sempre tra le fila del PdCI, ma ottiene solo il 2%. Nel 2005 passa allo Sdi che confluirà poi nel Psi.

Chiude il suo lungo girovagare politico con il Pd (fatta eccezione per la breve parentesi con i bersaniani di Articolo Uno.

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