Quando si parla male del fumo vien subito voglia di accendersi una sigaretta. Sarà una reazione emotiva immatura ma pure comprensibile. Si assiste sempre più spesso a campagne contro il tabacco contraddittorie e dunque poco produttive. Per esempio, domani a Bruxelles sarà votata la direttiva europea sul tabacco che prevede il bando delle sigarette in formati da 10, al mentolo e slim e soprattutto la vendita di pacchetti coperti da immagini raccapriccianti (denti marci in primo piano o gola deturpata da un tumore grosso come un cocomero). Sono previste pure forti restrizioni per le elettroniche e qui appare la prima crepa. Perché? Non fanno benissimo, d'accordo, ma fanno meno male di quelle normali. E allora perché assimilarle alle bionde e far naufragare la speranza di smettere di fumare in modo soft?
Ma in Italia si fa anche di peggio. Qui le e-cig sono state già stra-tassate solo per recuperare quattro soldi. Così chi ha voglia di provare a smettere sul serio, ci rinuncia. E poi ci sono loro, quelli che vendono le sigarette elettroniche, per molti «aria fritta». Hanno investito soldi e speranza nelle piccole botteghe sparse per l'Italia. Hanno trovato un modo per sbarcare il lunario sfondando in un mercato di nicchia che rende senza danneggiare nessuno. Il giro funziona e quindi ecco la super tassa del 58% che li bastona, ed eccoti il decreto per bloccare l'aumento Iva che sfila loro il prodotto dalle mani. Infatti, dall'anno nuovo saranno solo i tabaccai a vendere le sigarette elettroniche e tutti gli accessori connessi. Così 5mila addetti e 3mila negozietti chiuderanno. Ecco perché gli striscioni dell'Associazione nazionale fumo elettronico (Anafe) come le scritte «Ve siete fumati er cervello» oppure «Ci avete rotto i polmoni» non devono suonare offensive per i politici italiani, pagati per capire e non solo sanzionare. «Io ci ho speso la mia liquidazione da licenziato» racconta il proprietario di un negozio di Latina che ha partecipato ieri alla manifestazione organizzata davanti a Montecitorio per dire no alla tassa sulla sigaretta elettronica. «Questa tassa si attesta al 58,5% e se sommata all'Iva ci farebbe avere un aggravio addirittura maggiore di quello delle sigarette» spiega Franco Spicciariello, portavoce Anafe, che contesta anche il passaggio del settore sotto i Monopoli di stato. «Il mercato si sposterebbe tutto on line con conseguenti rischi legati alla sicurezza e al controllo dei prodotti».
Dinnanzi a queste decisioni poco lungimiranti viene nostalgia del decreto Sirchia, l'unico a centrare l'obiettivo e infatti rispettato da non fumatori e tabagisti. Non paga invece il terrorismo psicologico targato Ue. La nuova direttiva anti-fumo è avversata da un esercito molto agguerrito capitanato da Save the Choice, un comitato indipendente e che promuove una petizione. Sottoscritta da personaggi come il politologo Edward Luttwak, Filippo Facci e Chicco Testa, presidente di Assoelettrica. Lui, strenuo fumatore spiega: «La sigaretta mi ha tenuto compagnia sin dall'età di 14 anni.
Fumare fa male e lo sappiamo tutti, noi fumatori per primi. Nella vita però tante cose non fanno bene: per esempio l'alcol, che invece è ampiamente tollerato. Se il provvedimento passerà, escogiterò un modo per ricoprire le immagini terrorizzanti sul pacchetto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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