Ciao Enrico, grazie Enrico, vai pure Enrico. Sì, ha davvero una gran fretta Giorgio Napolitano, che vuole chiudere la partita «nel più breve tempo possibile», entro domenica, prima della riapertura dei mercati, prima che l'operazione sliding doors si possa sfarinare o impantanare tra veti incrociati, prima che scadano i tanti decreti rimasti a metà. Ma dopo il faccia a faccia con Silvio Berlusconi, che torna ad accusarlo di golpismo dalla Sardegna e che domani sera guiderà la delegazione di Forza Italia.
Re Giorgio comincia la giornata mantenendo il suo impegno istituzionale, l'inaugurazione dell'anno giudiziario della Corte dei conti, per far vedere come la situazione sia sotto controllo, e poi anticipando l'incontro con Letta. Il premier uscente vuole salire alle 16 per rimettere il mandato, lui lo convoca alle 13 e velocemente accetta le «dimissioni irrevocabili». Niente Camere, nessun voto di sfiducia, come bagno di sangue basta quello di giovedì. Poche ore e già partono consultazioni sprint: l'incarico già stasera? Sul Colle Letta ci resta una mezz'oretta, il tempo per quattro convenevoli e firmare la resa. Una rinuncia obbligata, si legge nel comunicato del Quirinale, dopo che le decisioni «assunte in forma pubblica dalla direzione del Pd, con l'espresso consenso dei presidenti dei gruppi parlamentari», hanno di fatto sfiduciato Enrico lo Zen il diretta tv. Venuto a mancare «il determinante sostegno del principale partito della maggioranza, il presidente del Consiglio ritiene che un formale passaggio parlamentare non potrebbe indurlo a soprassedere». E «non è disponibile a maggioranze diverse».
Dunque niente dibattito, sarà una crisi extraparlamentare. Le opposizioni si mettano il cuore in pace, Napolitano deve «prendere atto della posizione» di Letta. Del resto i precedenti non mancano, ce sono almeno una trentina, tra cui ne vengono annotati due recentissimi. «La stessa procedura si è seguita allorché le dimissioni furono presentate al capo dello Stato, senza alcuna previa comunicazione alle Camere, dal presidente Berlusconi e dal presidente Monti durante la scorsa legislatura». E comunque, prosegue la nota, «il Parlamento potrà comunque esprimersi sulle origini e le motivazioni della crisi quando sarà chiamato ad esprimere la fiducia al nuovo governo». Accadrà prestissimo, forse all'inizio della prossima settimana. Consultazioni turbo. Il silenzio di Grasso, il sorrisetto della Boldrini, il protagonismo dei piccoli che si aggrappano ai microfoni sistemati nella Loggia alla Vetrata segnano il primo giorno di incontri. Oggi però si fa sul serio, quando sfileranno i big. Leghisti e grillini diserteranno l'appuntamento, c'è attesa invece per quanto diranno Alfano e quelli di Sel. E ovviamente per il Cav. Il valzer verrà concluso alle 19,30 la rappresentanza del Pd, senza Renzi, pronto a scattare per una convocazione verso l'ora di cena, o al massimo domani mattina. Ma perché tanta fretta? Primo, perché «bisogna affrontare una complessa fase successiva». Secondo, perché «la delicata situazione economica del Paese» non consente di traccheggiare. Terzo, perché è giunta l'ora delle riforme. Quest'ultimo punto è rivolto soprattutto a Renzi, che dagli annunci e dalle promesse deve passare ai fatti se vuole davvero rappresentare il cambiamento.
Napolitano infatti cita espressamente «l'esame della nuova legge elettorale e le riforme istituzionali ritenute più urgenti» come obbiettivi del futuro governo. Insomma da Matteo, che ha sorpreso tutti prendendo la scorciatoia, il capo dello Stato si aspetta «i fatti».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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