Roma L'attentato in Libia contro l'ambasciata Usa pesa sull'incontro al Quirinale tra Giorgio Napolitano e Mohamed Morsi, definito «il primo presidente democraticamente eletto in Egitto» dal Capo dello Stato.
Da ambedue, infatti, viene una condanna agli atti di terrorismo e di violenza che hanno portato alla morte a Bengasi dell'ambasciatore Usa Chris Stevens, ma anche al film blasfemo su Maometto, prodotto negli Usa, che li ha innescati.
È significativo che, per farlo, Napolitano citi la Costituzione («Nessuno può essere discriminato sulla base del sesso, della religione e dell'appartenenza a una minoranza etnica») e Morsi il Corano («Chi uccide un uomo, uccide il mondo intero»).
Per il presidente italiano bisogna «sbarazzare il campo da pericoli di risposte terroristiche irrazionali di fronte a deprecabili offese verso il credo religioso». A Morsi Napolitano dice di aver «particolarmente apprezzato» il fatto che il nuovo Egitto abbia confermato come «principio numero uno quello dell'uguaglianza dei diritti tra tutti i cittadini», senza discriminazioni tra confessioni religiose, tra uomo e donna e tra minoranze etniche.
Morsi definisce quelle dei musulmani integralisti contro gli Usa «azioni puerili e irresponsabili che non hanno altro effetto se non allontanare l'attenzione del mondo dai veri problemi, come la situazione siriana e la questione palestinese».
Mentre continuano le manifestazioni in tutto il mondo musulmano contro il film e, mentre al Cairo la tensione cresce attorno alla sede diplomatica Usa, Morsi lancia un appello dalla tv di Stato del suo Paese, dicendo che è dovere dei buoni musulmani proteggere le ambasciate e i diplomatici stranieri. Ma al Quirinale il presidente egiziano aggiunge: «Ci aspettiamo che tutti, Usa compresi, siano contro tali tentativi perniciosi di provocazione».
Nell'incontro tra i due capi di Stato si parla di pace in Medio Oriente, di amicizia tra Italia ed Egitto, della grave situazione in Siria. Napolitano riferisce di aver detto a Morsi che l'Italia ripone «grandissima fiducia e speranza» nelle rivoluzioni arabe e «non c'è dubbio che quella egiziana sia al primo posto per la sua importanza come Paese e per il ruolo cruciale che svolge nell'intera regione». L'amicizia verso il mondo arabo, aggiunge, è sempre stata «una costante della politica estera italiana».
La linea è la stessa nelle parole di Morsi: «La pace nel mondo ha bisogno di rispetto reciproco da parte di tutte le religioni».
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