Napolitano non chiude alla grazia «Ma ancora nessuno l'ha chiesta»

Napolitano non chiude alla grazia «Ma ancora nessuno l'ha chiesta»

RomaNapolitano rompe gli indugi alle 19.40 dopo una giornata di consultazioni a Castelporziano con i suoi consiglieri giuridici e dopo una telefonata a Enrico Letta in cui anticipa il contenuto del suo intervento e lo rassicura: «La priorità è la tenuta dell'esecutivo». Poi dirama una nota in cui dice a Berlusconi che deve rispettare e accettare la sentenza della Cassazione; esclude l'espiazione in carcere; non chiude all'ipotesi di un provvedimento di grazia; blinda il governo che soprattutto adesso non può cadere; minaccia chi minaccia la crisi avvertendo che non scioglierà le Camere; dà un riconoscimento politico al leader del centrodestra e torna ad auspicare una riforma della giustizia.
«Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto - sembra allargare le braccia il capo dello Stato - ciò vale dunque nel caso oggi al centro dell'attenzione pubblica come in ogni altro», dice il presidente della Repubblica. E ancora: «Riserve e dissensi» nel Pdl sulla condanna a Berlusconi sono «legittimi» ma non «deve mai violarsi il principio della divisione dei poteri». Quindi Berlusconi espii la sua pena. Anche se «A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzi tutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto». Ergo: o arresti domiciliari o servizi sociali. Certo, ci sarebbe la grazia. «In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta», dice. Ma poi sottolinea che la legge prevede la concessione dell'atto di clemenza anche in assenza di domanda: «La grazia o la commutazione della pena può essere concessa anche in assenza di domanda» seppur «si è sempre ritenuta essenziale la presentazione di una domanda».
Quindi blinda il governo Letta: «La preoccupazione fondamentale, comune alla stragrande maggioranza degli italiani, è lo sviluppo di un'azione di governo... Fatale sarebbe invece una crisi del governo faticosamente formatosi da poco più di 100 giorni; il ricadere del paese nell'instabilità e nell'incertezza ci impedirebbe di cogliere e consolidare le possibilità di ripresa economica». Quindi avverte chi minaccia di staccare la spina: «Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza nei confronti di Berlusconi. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere». Napolitano non scioglierebbe il Parlamento ma andrebbe alla ricerca di un'altra maggioranza. Concede il turbamento al Pdl: «In questo momento è legittimo che si manifestino riserve e dissensi rispetto alle conclusioni cui è giunta la Cassazione... Ed è comprensibile che emergano - soprattutto nell'area del Pdl - turbamento e preoccupazione per la condanna a una pena detentiva di personalità che ha guidato il governo (fatto peraltro già accaduto in un non lontano passato) e che è per di più rimasto leader incontrastato di una formazione politica di innegabile importanza».


Quindi parla del futuro del Cavaliere: «E mentre toccherà a Berlusconi e al suo partito decidere circa l'ulteriore svolgimento - nei modi che risulteranno legittimamente possibili - della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l'Italia ha bisogno»; e apre alla riforma della giustizia: «Una prospettiva di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello Stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all'ordine del giorno».

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