Napolitano zittisce i Prof su Bankitalia

Il capo dello Stato gela Grilli: "Fiducia in via Nazionale". E punzecchia Monti: "Agnelli intese il valore del seggio senatoriale"

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

Roma - Si prova a scaricare il barile su Bankitalia, chiamata in causa dal ministro Grilli, interrogato sulla questione ancora aperta: possibile che nessuno sapesse cosa accadeva al Monte dei Paschi, banca salvata dall'intervento pubblico? Il ministro montiano, ex direttore generale del Tesoro, prova a levarsi dall'imbarazzo ricordando che, anche se il terremoto Mps non è «un fulmine a ciel sereno» perché la banca senese è sotto osservazione anche giudiziaria per le voragini nei conti e le operazioni incongrue, la vigilanza non spetta tecnicamente al governo: i controlli non li abbiamo fatti noi. «Bankitalia è l'autorità che può dare informazioni e chiarimenti». Se c'è mai qualcuno che ha peccato di superficialità in questa storia, sembrerebbe dire Grilli, è Palazzo Koch, non Palazzo Chigi. Ma le forme sono salve, con due comunicati a tamburo battente. «Non c'è alcun contrasto fra la Banca d'Italia e il Tesoro ma piena collaborazione» fanno sapere da Bankitalia, mentre lo staff del ministro precisa che i rapporti col governatore Visco non sono buoni «ma ottimi».
La Banca centrale italiana ha fatto sapere di essere stata ingannata per tre anni dai vertici Mps, e in appoggio di Bankitalia è sceso anche il capo dello Stato, che attesta a Visco «piena fiducia» sul caso Mps (mentre ha lodato l'avvocato Agnelli, persona che «intese il valore del seggio senatoriale», da senatore a vita come Monti). Dopo due giorni di silenzio ha parlato anche il premier Monti, anche lui in supporto di Bankitalia («Non si può parlare di fallimento della supervisione bancaria»). Il premier ha respinto come una fantasia elettorale l'accostamento tra i 3,9 miliardi di gettito Imu sulla prima casa e i 3,9 miliardi impegnati dal governo per Mps come Monti bond, assicurando che «finora il sistema bancario italiano ha retto molto meglio dei sistemi bancari di molti altri paesi» e annunciando un chiarimento in Parlamento sulla vicenda. Con ogni probabilità sarà il ministro dell'economia Vittorio Grilli a riferire, non in aula, ma nelle commissioni preposte, Bilancio e Finanze.
Sempre il ministro ha aggiunto che «da questo governo nessuna risorsa pubblica è affluita a Monte dei Paschi e perché ciò avvenga ci dovrà essere un'esplicita richiesta, le necessarie autorizzazioni e quindi l'approvazione dell'assemblea». Insomma i quasi 4 miliardi non sarebbero ancora transitati dalle casse pubbliche alla cassaforte di Mps, anche se l'assemblea straordinaria di Mps questa mattina a Siena discuterà proprio dell'aumento di capitale conseguente alla concessione degli aiuti pubblici. Ed è proprio in attesa della delibera dell'assemblea di Mps che il ministero delle finanze può ancora dire che «a oggi, la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari (cioè dei Monti bond, ndr) non è avvenuta, perché - spiega il Mef - non si sono ancora verificate alcune delle condizioni necessarie per completare l'operazione».
Assenti gli altri ministri a parte Corrado Passera («Totale, assoluta fiducia in Bankitalia»), prudentemente a distanza dal bubbone Mps. Chi non ha potuto sottrarsi è ovviamente il Pd, che ha ribadito la linea pericolante: «Il Pd fa il Pd e la banca fa la banca», come se i vertici di Mps, dal presidente della fondazione a molti consiglieri, non fossero organici al Pd senese. Si registrano invece frizioni da campagna elettorale tra il candidato premier Monti e il candidato premier Bersani, che ha respinto preventivamente qualsiasi addebito su Mps «da chi ha creato gli esodati».

Monti ha criticato le parole del segretario pd sulla gestione tecnica delle finanze nell'ultimo anno: «A Bersani suggerisco, per la seconda volta, di non usare l'espressione “polvere sotto il tappeto”, perché al di là della volontà dell'onorevole Bersani, questa espressione può risultare sinistra e far pensare ai mercati che ci sia qualcosa nascosto nel bilancio pubblico. Sono sicuro che se Bersani lo pensasse lo direbbe in modo trasparente. Quindi non creiamo equivoci». Pronta la replica del leader pd: «I mercati sanno benissimo leggere e scrivere».

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