In principio fu Fini, poi arrivò anche Monti. E in mezzo è toccato persino a Sarkozy, nell'occasione sollecitato dalla Bruni che non aveva gradito la ricostruzione della sua visita a L'Aquila. Tutti a lamentarsi con Berlusconi per titoli e articoli di questo giornale. Ieri, durante il vertice di Palazzo Grazioli, pare sia stata la volta di Alfano e di tutti i colonnelli di via dell'Umiltà, niente affatto contenti della linea editoriale de il Giornale. Lo dice quasi in chiaro Gasparri lasciando via del Plebiscito: «Noi lavoriamo per aggregare i moderati, i giornali però scrivono altro...».
D'altra parte, non è propriamente una passeggiata raccontare un Pdl che ogni giorno che passa è sempre più nel caos. E dove le incomprensioni non si limitano più allo schema ex Forza Italia contro ex An, tanto che ieri a mandarsi a quel paese erano Scajola e Crosetto. «Sei uno sciacallo autoreferenziale», dice il primo al secondo, reo di aver chiesto nei giorni scorsi l'uscita di Scajola dal partito perché «ancora non ha spiegato come ha pagato la casa». La controreplica non si fa attendere: «Se è davvero pulito spieghi le sue vicende. Così fosse chiederei scusa e non siederei più in Parlamento». Incomprensioni anche tra la Santanché e Cicchitto, ma squisitamente politiche. L'ex sottosegretario vorrebbe le dimissioni di Alfano e il capogruppo del Pdl alla Camera replica che «è l'unica a chiederle». Come dire che il tema non è in agenda. Poi Cicchitto invita tutti alla calma: «Abbiamo problemi politici di carattere generale assai più seri. È superfluo complicare le cose con polemiche personali». Ce l'ha con Scajola e Crosetto, ma anche con i tanti scontri delle ultime settimane. Ed effettivamente non ha torto a dire che ci sono questioni più serie.
C'è l'insofferenza degli ex An, sempre più preoccupati dallo scorrere dei giorni con il rischio di trovarsi a prendere decisioni drastiche fuori tempo massimo e a ridosso del voto. Che Berlusconi stia pensando a un ritorno in grande stile a Forza Italia non lo scrive solo il Giornale, ma lo racconta il Cavaliere a diversi interlocutori. È chiaro, insomma, che è una possibilità che per La Russa e compagni equivarrebbe a un disastro. Proprio per questa ragione, è stato rinviato il convegno su «La destra nel Pdl» in programma sabato a Milano. Rimandato non di una settimana o due ma addirittura al 10 novembre, quando per forza di cose la situazione sarà più chiara. Anche se già ieri a via del Plebiscito con la presenza del tesoriere del Pdl Crimi, si è iniziata seriamente ad affrontare la questione della separazione consensuale. Peraltro, quello di Milano pare non sia l'unico appuntamento a essere rinviato se allo stato sembra che a via dell'Umiltà non vi sia traccia della grande assemblea straordinaria del Pdl annunciata per il 2 dicembre. Si vedrà.
I «problemi più seri» a cui si riferisce Cicchitto, però, sono ben altri. Come per esempio l'ondata d'inchieste e arresti che sta coinvolgendo regioni e comuni. Un filone inaugurato con il Laziogate e che ieri - dopo Campania, Piemonte e Reggio Calabria - è tornato in Lombardia e si è allargato alle Marche. Una «valanga» di cui si è parlato con un certa preoccupazione durante il vertice di Palazzo Grazioli. La sensazione di tutti, infatti, è che la politica sia a un passo dall'essere «commissariata». Che andando avanti così ci ritroverà nella stessa situazione del 1993, quando con i venti di Tangentopoli che soffiavano spuntò dal nulla il Cavaliere. Se ne parla a via del Plebiscito e la sensazione è che le inchieste stiano arrivando seguendo un timing ben preciso che tiene conto del voto del 2013.
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