Non soffocate nella culla la ripresina

Ci sono segnali di ripresa, ma il viceministro dell'Economia Stefano Fassina si dedica a spegnerli, dichiarando che a ottobre è inevitabile aumentare l'Iva. Tesi sua e di un ampio gruppo di personaggi del Pd che non hanno digerito l'esonero dall'Imu per la prima casa, con cui «ha vinto Berlusconi». Non sembra che il premier Letta condivida la tesi. Ma è opportuno che il ministro (...)

(...) dell'Economia Saccomanni si faccia vivo, per chiarire la situazione e dica che cosa intende fare.
I rincari fiscali del governo Monti hanno fatto crescere le entrate erariali del 2012 del 2,8% nonostante la recessione. Ma l'Iva, benché l'aliquota sia stata aumentata al 21%, nel 2012 ha dato l'1,8% in meno che nel 2011. Nel primo semestre del 2013 le entrate fiscali erariali, nonostante la recessione, sono aumentate del 3,1%. Ma anche in questo primo semestre l'Iva è andata male. La diminuzione è addirittura del 5,7%. Ci sono due spiegazioni per il calo dell'Iva del 2012 e per quello del primo semestre del 2013: la diminuzione dei consumi domestici in connessione con la riduzione della domanda interna e l'aumento dell'economia sommersa, derivante dall'aumento di aliquota che esaspera i contribuenti e accresce la spinta ad evadere; nonché le norme restrittive sul lavoro cosiddetto precario, adottate dal governo Monti che hanno indotto ad accrescere le attività in nero. Il recente decreto Letta ha attenuato parzialmente le restrizioni al lavoro precario e ciò dovrebbe far emergere qualche attività sommersa. Ma una nuova stangata di Iva avrebbe l'effetto opposto. Va anche notato che in giugno, per la prima volta, il gettito dell'Iva è in aumento essendo cresciuto del 4,5% rispetto a quello del giugno del 2012. Una rondine non fa primavera: il detto vale anche per i dati delle entrate mensili. Ma proprio questo detto dovrebbe far riflettere sulla assurdità di aumentare l'Iva giusto ora. Una massima fiscale dell'epoca antica diceva che bisogna tosare il contribuente con la accortezza con cui lo si fa con le pecore, cioè aspettando che il loro vello sia cresciuto ed evitando di strappar loro la pelle, perché ciò blocca la ricrescita della lana. Tradotto in termini tributari ciò significa che sarebbe controproducente aumentare l'Iva mentre si sta materializzando una piccola ripresa, attivata anche da una diminuita paura delle famiglie circa lo spendere nei consumi. Il maggior gettito dell'Iva può derivare non da un aumento di aliquota ma dal recupero del suo introito connesso al recupero di domanda. Si può obbiettare che la ripresa è attivata da quella europea, che migliora le prospettive delle esportazioni, che sono esonerate dall'Iva. Replico che, se esse aumentano, migliora anche il reddito di chi lavora in queste attività e quindi cresce il consumo che vi si connette, che genera Iva. Ma vorrei continuare con l'esempio della pecora, che va tosata con perizia. La lana non sta solo sulla schiena della pecora, ce ne è in molte altre parti del corpo. E se questo sta bene, il vello diventa più folto dappertutto. Fuor di metafora, se l'economia riprende, aumentano anche altre entrate oltre all'Iva. Un aumento dell'Iva di un punto comporta una riduzione del potere di acquisto delle famiglie su base annua di 4 miliardi e che ciò può frenare l'economia di una cifra superiore. Se si evita la maggiorazione di aliquota che può smorzare la ripresa, si possono avere più entrate globali.
Ma se al bilancio pubblico mancano, su base annua, 4 miliardi e non si possono prelevare con l'Iva perché ciò scorticherebbe la pecora in modo controproducente, come si debbono prendere? Ci sono due risposte. La prima, l'ho appena data: se migliorano le previsioni, non c'è bisogno di ciò. Posto che questo miglioramento sia differito, la ulteriore risposta sta nella legge Tremonti del 2011, poi modificata da Monti. L'aumento dell'Iva era una estrema ratio, una clausola di salvaguardia, cui ricorrere ove non si fossero tagliate le spese e gli esoneri fiscali.

Questi comportano una perdita di gettito di circa 200 miliardi. Si cerchi di tosare un pochino questo gregge di pecore nere, anziché sempre e solo quelle bianche che hanno subito già troppe tosature.

segue a pagina 8

Bozzo a pagina 8

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