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"Non sono il Vangelo". Prodi smentisce se stesso sulle primarie

L'ex premier demitizza le primarie, da lui stesso introdotte nel 2005. "Non sono il Vangelo". Ma il Pd le considerava un elemento fondativo, al punto da inserirle nel proprio statuto

L'ex premier Romano Prodi
L'ex premier Romano Prodi

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"Non sono il Vangelo". Prodi smentisce se stesso sulle primarie

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Prodi contro Prodi. Lo storico fondatore e leader dell'Ulivo ha praticamente smentito se stesso. A margine di una pubblica iniziativa tenutasi oggi a Firenze, l'ex premier e mentore del centrosinistra ha infatti messo in discussione lo strumento delle primarie, da lui stesso introdotto nel 2005 come fondamentale meccanismo per favorire la partecipazione del popolo progressista. "Le primarie sono uno strumento utile ma non sono il Vangelo", ha affermato il professore, giustificando dunque il possibile abbandono di quella pratica da parte del Pd (come peraltro già avvenuto a Firenze).

Il "revisionismo" prodiano racconta molto di come i tempi siano cambiati. E di come il centrosinistra stia vivendo la propria annosa crisi di identità. Vent'anni fa, del resto, fu proprio Romano Prodi a inaugurare le primarie assieme ad Arturo Parisi: inizialmente, in occasione delle elezioni regionali in Puglia e Calabria e poi su scala nazionale. Così, il 16 ottobre 2005, L'Unione chiese ai propri simpatizzanti di scegliere il candidato alla presidenza del Consiglio per le future elezioni politiche e la consultazione conferì l'incarico proprio al professore. Da lì in poi, il centrosinistra continuò quella tradizione e trasformò le primarie in un proprio tratto identitario.

I progressisti erano così orgogliosi di quello strumento da sbandierarlo ogni volta con ostentata supponenza, al punto da rinfacciare al centrodestra berlusconiano di non prevederlo. A chi abbia dato ragione la storia, probabilmente, lo si è capito oggi con le dichiarazioni demitizzanti di Prodi. Il fatto che l'ex premier abbia relativizzato il valore assoluto delle primarie segna infatti un cambio di passo sostanziale, più che formale. I dem, difatti, non consideravano le primarie non un'opzione ma una irremovibile garanzia: esse infatti sono menzionate persino nello statuto del Partito Democratico. E allora, altro che "Vangelo" (per dirla alla Prodi): di più, quasi un sacro comandamento politico.

A far sgretolare il solenne precetto era già stata la scelta del Pd di evitare le primarie per le Comunali di Firenze. Anche in quel caso non erano mancate polemiche. Ora l'ex premier e fondatore dell'Unione ha premuto l'acceleratore sulla rottamazione di quella pratica. Ormai estraneo alla politica attiva, Prodi ha però fornito a Elly Schlein un nuovo assist in riferimento alle prossime europee. Le candidature dei leader politici alle europee - ha scandito - "sono erosioni della democrazia che la rovinano. Mi candido per una cosa che non farò, lo faccio per propaganda. Legittimo ma la democrazia fa un passo indietro". E ancora: "La democrazia è in crisi ovunque per mille di questi passi indietro, e la paghiamo cara".

Tra le righe, un suggerimento diretto a Elly Schlein che ancora - presa da mille valutazioni sul da farsi - non ha sciolto le riserve su una propria presenza nelle liste Pd per le consultazioni europee di primavera.

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