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«Non voteremo più Grillo» Viaggio nel Nordest pentito

Gli artigiani: "È venuto qui a raccontarci balle". A un anno dalla vittoria in molti vogliono già mandare a casa il sindaco M5S di Mira: "Ha solo aumentato le tasse"

Il popolo grillino deluso dall'aver dato la fiducia a Beppe Grillo
Il popolo grillino deluso dall'aver dato la fiducia a Beppe Grillo

Mira (Venezia) - La gloriosa insegna «Mira Lanza» torreggia ancora sull'enorme fabbricato industriale. Dalla riva del Brenta sembra un falansterio abbandonato. Ci lavorano ancora 200 persone, un'ottantina delle quali in esubero. Producono detersivi per la multinazionale anglo-tedesca Reckitt-Benckiser. Nel maggio di un anno fa Mira ha eletto un sindaco a Cinque Stelle, un ragazzo oggi ventisettenne che si presentò al prefetto in bermuda e infradito. L'hanno votato anche gli operai un tempo comunisti. «Non lo rifaremmo più», garantiscono all'uscita del turno di lavoro.
Sono le 17, il parcheggio prende vita sotto il sole, si forma un capannello «ma niente nomi», meglio la prudenza in una fabbrica avviata alla cassa integrazione. Il sentiment, come direbbero in Borsa, è comune: la delusione. Come in Friuli Venezia Giulia, dove Grillo alle elezioni regionali ha perso quasi la metà dei voti delle Politiche. A febbraio i cinquestelle avevano fatto il botto nel Nordest, attestandosi sul 25-27 per cento e superando il 30 in un'ex roccaforte rossa come Marghera. Dalla Dc o dal Pci alla Lega Nord, e poi in braccio a Grillo e Casaleggio. Ma adesso il movimento sembra già rientrato nei ranghi.
A Mira, un paesone disteso lungo il Brenta dove scorrono lenti i battelli carichi di turisti e scolaresche in gita, avevano precorso i tempi. Erano stufi di decenni di giunte di sinistra che spadroneggiavano in una zona operaia a 10 chilometri da Porto Marghera. Le liti interne al Pd locale, anche qui in anticipo sull'andazzo del Paese, hanno fatto il resto.
Dopo un anno molti sono già pentiti del baby-sindaco Alvise Maniero. All'ex Mira Lanza sgranano il rosario delle proteste. Avevano promesso di non aumentare l'Imu: alzata dal 4 al 4,4 per mille. Appesantita anche l'addizionale Irpef. Fermi i lavori per la casa di riposo. Non ancora effettuato il primo sfalcio del verde sulle rive del fiume. «Hanno obbligato a rifare i certificati per chi concede case in uso gratuito - riferisce una signora - costringendo i proprietari, tutti anziani, a code inutili in comune».
Al bar da Eros, di fronte al ponte girevole che collega la zona industriale, elencano le disavventure della giunta: l'assessora Roberta Agnoletto cacciata negli ultimi mesi di gravidanza e altri due assessori (Gatti e Vanin) in procinto di fare la stessa fine. E poi la mancata abolizione del gettone di presenza e il rifiuto a pagare la quota comunale (40mila euro annui) per il giudice di pace della Riviera del Brenta. Poco lontano, nel patronato Spi-Cgil, dove non hanno dimenticato il comizio di piazza San Nicolò in cui Grillo urlò alla sinistra «merda liquida», lamentano i mancati aiuti all'Auser, associazione di assistenza agli anziani che ormai, per risparmiare sul ticket, non si sottopongono neppure più a visite mediche di controllo.
Faccende di paese? Giuseppe Sbalchiero, vicentino, da due anni guida Confartigianato Veneto: 60mila piccoli imprenditori associati, 1.400 addetti, 147 sedi in tutta la regione. «A gennaio - racconta - un sondaggio interno ci aveva detto che Grillo avrebbe fatto il pieno, soprattutto dopo il disastro di Oscar Giannino. Erano tutti delusi dalla Lega e dal Pdl. Adesso rileviamo la tendenza opposta. Le nostre imprese speravano che Grillo desse una sterzata. Invece ha pensato a cacciare chi va in televisione e a mettere uno di sinistra come Rodotà al Quirinale: una mossa per noi incomprensibile. Non è quello che era venuto a raccontarci».
In campagna elettorale Grillo aveva incontrato centinaia di imprenditori veneti. «È stato l'unico interessato a capire il disagio e l'amarezza che cova in questo mondo - dice Mario Pozza, presidente degli artigiani di Treviso - Su alcune proposte eravamo d'accordo, come la banda larga e il no al pignoramento della prima casa, e contrari ad altre come il blocco dei lavori per l'Alta velocità ferroviaria. Sulla trasparenza interna ci sono riflessioni da fare, e anche sulla scelta di Rodotà: tra gli artigiani non c'è grande simpatia per la sinistra. Ma dobbiamo dargli tempo, nemmeno loro hanno la bacchetta magica».
Più drastico il giudizio di Sbalchiero. «Facile promettere i mille euro a tutti e poi parcheggiare i voti. Grillo voleva aprire Montecitorio come una scatola di tonno, aveva idee per rilanciare la produzione. Si era identificato con le nostre categorie. La realtà è diversa: o si fa quello che vuole lui o non si va da nessuna parte. Doveva dare governabilità al Paese, invece per altri due mesi ci siamo tenuti Monti che ha continuato a bastonarci con l'Imu e i registri del Sistri. I nostri che l'hanno votato si domandano a che cosa è servito. Si va da una delusione all'altra. Ma devono stare attenti anche Pdl e Lega. Piuttosto che votare loro, la gente rimane a casa come è successo in Friuli. Gli imprenditori non credono più a nessuno e chi può abbandona l'Italia».
Lo conferma Francesco Biasion, titolare della Bifrangi di Mussolente (Vicenza), azienda leader nella lavorazione dell'acciaio: «Potevo assumere 200 persone ma la burocrazia me l'ha impedito. Sto portando all'estero più produzioni possibile. Io ho votato Grillo, l'ho detto ai quattro venti e non sono pentito.

Di quest'Italia non mi fido più».

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