Nudo sotto la doccia. Nulla di strano se non fosse che con lui c'era un bambino di undici anni.
«Atteggiamenti inequivocali», urla furibondo chi li ha scoperti. facile capire di cosa si parli. Il grande, l'orco e il piccolo, inerme, soggiogato, ignaro. Erano nei servizi di una tendopoli, una delle tante di questa Emilia frastornata e dissestata. E ora scossa anche nelle coscienze. Doppiamente. Sì perché è successo proprio lì, in un campo affollato da anime indaffarate nel quotidiano sopravvivere; sì perché quell'uomo che sembrava approfittarsi di una facile preda non è uno qualunque. Si chiama Salvatore Catozzi, 55 anni, e fino a quell'ennesima tragica scossa del 29 maggio, era l'assistente di Don Ivan Martini. Ricordate? Il prete di Rovereto, il «martire» morto in chiesa per salvare una statua della Madonna.
Divenne subito simbolo di una terra che non si arrendeva, che non cedeva di fronte alla furia della natura e, se vogliamo, del disincanto. Morendo, Don Ivan, lasciò un afflato di speranza. Della certezza di poter ricominciare.
Una grossa trave lo schiacciò proprio mentre cercava di uscire con la statua tra le braccia dalla parrocchia di Santa Caterina. Catozzi, in lacrime davanti al Papa arrivato il 26 giugno scorso a sorreggere le tante fedi incrinate dalla disperazione, raccontò di sentirsi «il fratellastro» di Don Ivan, il prete per cui lavorava come tuttofare e la cui famiglia l'aveva adottato.
Giovedì, dopo essere stato colto in flagrante col giovanissimo marocchino, nel campo di Rovereto sulla Secchia, ha rischiato di essere ucciso. Il popolo delle tende, quello stesso che fino a due mesi fa lavorava la terra, cresceva vacche e suini o lavorava nelle fabbriche che adesso stentano a ripartire, voleva linciarlo. Genitori del bambino in testa
Solo il tempestivo intervento di una pattuglia dei carabinieri che si trovava nei dintorni per un servizio antisciacallaggio ha evitato il peggio. Prima lo hanno sottratto alla folla, poi lo hanno ammanettato e portato a Modena, in carcere. Lui, ieri, davanti al gip Domenico Truppa, che doveva convalidarne l'arresto si è rifiutato di rispondere. È rimasto in silenzio come se la sua vergogna fosse troppo enorme per essere raccontata.
Alla fine il giudice si è concesso una pausa, riservandosi di decidere sia in merito alla convalida dell'arresto, sia sulla misura cautelare. L'avvocato di Catozzi, aveva chiesto la libertà ma qualche ora dopo il gip ha deciso: il pedofilo resti in cella.
«Tutti devono collaborare per garantire la massima tutela a bambini e ragazzi all'interno dei campi», esorta adesso «Sos», il Telefono azzurro onlus, impegnato da due mesi nei campi con operatori e volontari per garantire non solo il supporto psicologico ai più piccoli e alle loro famiglie, «ma anche per far sì che tutti i diritti dei bambini e degli adolescenti siano rispettati, incluso quello alla sicurezza, in sinergia con la Protezione civile. È essenziale mantenere alta la guardia- ammoniscono- tenendo presente che queste situazioni di convivenza possono rappresentare un fattore di rischio per il verificarsi di abusi».
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