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La nuova direttiva Ue sull'ambiente contro la Pianura Padana

"Nonostante l'Europa produca solo il 10% dell'inquinamento mondiale, siamo qui a massacrarci, ad annientarci su obiettivi a dir poco impervi. Con quali risultati?" sostiene il governatore della Lombardia Fontana.

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L’asticella dell’ambientalismo ideologico si spinge sempre più in là in una visione utopica (o meglio distopica) del futuro dell’Europa che rischia di far implodere il sistema socio-economico dell’Ue. Ultimo esempio è la nuova direttiva Ue sulla qualità dell’aria che, se approvata, come affermato dal presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana “ci porterebbe a far chiudere la Pianura Padana”. Il governatore si domanda se la direttiva europea vada “nella direzione della sostenibilità o della follia?”. Parole che arrivano in occasione di un viaggio a Bruxelles con i governatori di Veneto e Piemonte e un rappresentante dell'Emilia-Romagna per sensibilizzare Commissione e Parlamento Ue sui costi e gli oneri insostenibili che la nuova direttiva comporterebbe per la Pianura padana. Tale misura si inserisce in un quadro più ampio di misure sull'ambiente portate avanti dall'Ue che, nel loro insieme, colpiscono soprattutto l'Italia e penalizzano i ceti più deboli.

Oltre alla direttiva sulla casa e lo stop al motore endotermico nel 2035, nelle ulitme settimane si sono aperti nuovi fronti, dagli imballaggi ai motori euro7 passando per la legge approvata dall'Irlanda sull'etichettatura del vino che potrebbe essere estesa anche nel resto d'Europa in futuro. Tutti tasselli di una visione ideologica dei temi ambientali che si scontra con le caratteristiche storiche, sociali ed economiche del nostro paese.

Non a caso Fontana, in merito alla direttiva sulla qualità dell'aria, spiega che “il problema non è lombardo, ma dell'intero bacino padano ed è fisico, geografico e morfologico. Questa è la verità, non che la Lombardia sia cialtrona e non faccia il suo dovere". Oltre al tema morfologico c’è anche da sottolineare che la Lombardia, e in generale l’area padana, costituisce la locomotiva economia dell’Italia e una delle aree più importanti d’Europa da un punto di vista economico. Ciò ha un impatto sull’inquinamento ma al tempo stesso produce ricchezza e ricadute socio-economiche. Non a caso, se la direttiva europea fosse applicata nella sua interezza "anche utilizzando le migliori tecnologie disponibili, veicoli a zero emissioni, impianti di riscaldamento 'pulitì, gestione ottimale di allevamenti e reflui zootecnici, vista la struttura padana le nuove soglie proposte dalla direttiva Ue di fatto ci costringerebbero a ridurre del 75% numero di veicoli circolanti, attività industriali e impianti di riscaldamento e del 60% gli allevamenti. Un prezzo proibitivo".

Gli fa eco l’eurodeputato di Forza Italia-Ppe Massimiliano Salini: "I numeri illustrati dal presidente Attilio Fontana lo confermano. In Lombardia l’amministrazione regionale guidata dal centrodestra è in prima linea nel ridurre l’inquinamento atmosferico. Non solo: le imprese del Nord sono modello di innovazione green riconosciuto in tutto il mondo per capacità di crescere nell’economia circolare. Invece di insistere con target insostenibili, per ragioni geografiche e morfologiche, nel bacino padano, la Commissione europea deve abbandonare l’ideologia e rendere più flessibile la road map verso i nuovi obiettivi Ue, prevedendo sostegni concreti alle Regioni. Incomprensibile ostinarsi su nuove soglie di emissioni che, per essere raggiunte, implicherebbero una sostanziale desertificazione industriale, per di più nel cuore della manifattura italiana ed europea. L’esecutivo Ue apra gli occhi: i territori vanno sostenuti e non messi in difficoltà con norme avulse dal contesto reale in cui dovrebbero trovare applicazione. La Lombardia e le regioni del Nord non trainano solo il Pil dell’Italia ma quello dell’intera Europa, dove si collocano tra le aree massimamente avanzate nell’industria, nei servizi e nell’efficienza amministrativa: si tratta di regioni che possono diventare grandi alleate di Bruxelles nell’attuazione del Green deal, purché vengano coinvolte e aiutate in una battaglia vera di sostenibilità, non solo ambientale ma anche economica e sociale".

Ciò significa che, a fronte di un'eventuale dimunizione dell'attività industriale (con un conseguente calo di pil e di ricchezza), non avverrebbero significativi miglioramenti in termini di qualità dell'aria mentre a pagarne le conseguenze sarebbero le aziende e i lavotatori.

Nessuno mette in dubbio la necessità di migliorare la qualità dell'aria e di raggiungere standard ambientali accettabili, per farlo occorre però gradualità e razionalità tenendo sempre in considerazione l'importanza di unire le istanze ambientali con quelle socio-economiche.

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