RomaNon bastano gli appelli degli intellettuali per convincere Grillo e i neoeletti del Movimento 5 Stelle. L'inciucio non fa parte del vocabolario del comico prestato alla politica. Tanto che ieri sera è arrivato il lapidario no way di Beppe a Bersani. «Fiducia a chi ha distrutto l'Italia? Mi ritiro la politica».
La giornata grillina è iniziata con l'assemblea a Roma degli eletti M5S. Sul tavolo quattro questioni spinose: l'alleanza coi democrat, il risiko sulla presidenza delle Camere, la «marcia su Roma» e le buste paga. Nell'infuocata riunione («Tra noi c'è fermento sull'alleanza con il Pd», ammette il deputato lombardo Ivan Catalano) molti mugugni ma porte chiuse a Bersani. D'altronde lo Statuto prevede l'impossibilità di allearsi con altri partiti, figurarsi sostenere un governo. «Non c'è stata una persona che si è alzata per sollevare un eventuale referendum sul Pd. A Napolitano chiederemo un governo M5S», dicono in coro i capigruppo di Camera e Senato, Roberta Lombardi e Vito Crimi, che su Facebook prima della riunione scrive: mi ha contattato ieri un esponente di rilievo del Pd per la presidenza della Camera. Un tentativo di coinvolgere il Movimento nella maggioranza? La notizia rimbalza e Crimi getta acqua sul fuoco: «Non è un tentativo di inciucio, neanche un invio di pontieri». Salta pure la «marcia su Roma» dei neo eletti dal Colosseo a Montecitorio (idea bocciata dall'assemblea) ma scontro feroce sui compensi, saliti dai 2.500 euro a 11mila, rimborsi compresi: «Non ci adeguiamo alla casta, ma non siamo francescani e non possiamo rimetterci», sintetizza un grillino. Si lavora a una formula che va dalla restituzione dei rimborsi su telefono e viaggi alla rinuncia di assegno di fine mandato e diarie, mentre «sono arrivati 1.000 curricula di collaboratori parlamentari», gongola la Lombardi.
In serata è Grillo che, annusata l'aria, sente la necessità di sparare a zero sul Pd: «Per quanto mi riguarda non ci sarà alcun referendum interno per chiedere l'appoggio al Pdmenoelle o a un governo pseudo-tecnico». Una botta a Pier Luigi Bersani e agli spin doctor non a busta paga, come ha fatto notare nei giorni scorsi Il Foglio, che ancora ieri imploravano l'intesa Pd-M5S. Jovanotti, Roberto Benigni e Roberto Saviano vogliono un «governo di alto profilo» tra Pd e M5s. «Non leggiamo appelli ma l'appello lo abbiamo fatto noi dicendo prima delle elezioni di votare M5S», ha detto Crimi. L'elenco è lungo: c'è Curzio Maltese, che giorni fa ha proposto un referendum web sulla santa alleanza con il Pd, più importante al momento di quello sempre vagheggiato sull'eventuale uscita dall'euro. Il primo è stato Ernesto Galli Della Loggia, ormai detto «Grillo della Loggia», che all'indomani del boom elettorare del Movimento - e quindi con una sublime lungimiranza del passato - sembrò quasi bearsi dell'insuccesso dei partiti tradizionali. E non è probabilmente un caso che qualche giorno fa su Repubblica sia comparsa un'articolessa di Carlo Petrini, santone dello slow food. Persino in Rai sono spuntati i giornalisti «grillini» In Movimento, per non parlare dei vip a cui Grillo sconfinfera come Dario Fo e Adriano Celentano.
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