Politica

Oggi ladri di bagagli, domani vittime

RomaE ora, per favore, che nessuno dica che i ladri rubano a causa del clima politico, come quelli che sparano ai carabinieri. Che nessun sindacato scenda in piazza per difendere quegli 86 lavoratori che, invece di ringraziare per avere un posto sicuro nell'handling aeroportuale, ne hanno approfittato per mettere le mani nei bagagli dei viaggiatore e sottrarre oggetti di valore o meno. Alla faccia di chi un lavoro non ce l'ha. E se lo avesse, certo non lo tratterebbe con lo sprezzo di chi ne fa un'attività criminosa.
La vicenda degli 86 dipendenti di otto differenti aeroporti nazionale sottoposti a misure cautaleari (29 arresti, 57 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria) è grave di per sé, ma lo è ancora di più oggi a causa della disoccupazione spaventosa e dello spirito del tempo che giustifica ogni crimine, ciò che peraltro fa twittare a Vittorio Feltri: «I ladri sono tutte vittime del clima politico. Vedrai che si difenderanno così e molti giornali li aiuteranno a essere credibili».
Il blitz negli otto aeroporti italiani è scattato ieri mattina. Un'operazione condotta dalla Polizia di Stato in seguito a un'inchiesta lunga più di un anno condotta dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme e partita da un anomalo incremento di denunce. Proprio la tratta tra lo scalo calabrese e quello di Roma Fiumicino, la più colpita dal fenomeno dell'alleggerimento dei bagagli, è stata quella da cui è partita l'inchiesta che si è poi estesa ad altri sei scali. Gli 86 dipendenti coinvolti lavorano negli scali di Roma Fiumicino (49, 19 dei quali agli arresti domiciliari), Lamezia Terme (6), Bari (13), Bologna (3), Linate (5), Napoli (5), Palermo (1) e Verona (3). A tutti sono contestati i reati di furto, tentato furto e danneggiamento. I bagagli che i ladri non riuscivano ad aprire erano infatti semidistrutti per ripicca. Gli autori dei furti rischiano pene fino a 6 anni oltre alla perdita del posto di lavoro. Il precedente dei dipendenti Sea di Malpensa non induce però alla fiducia sull'esemplarità della pena che verrà comminata ai facchini manolesta.
Gli investigatori si sono avvalsi per la prima volta di telecamere installate a bordo degli aerei. Telecamere peraltro a «emissioni zero», cioè tarate in modo da non interferire con la strumentazione di bordo. Grazie agli 8.841 filmati per un totale di circa 2.200 ore di «girato» è stato ricostruito il modus operandi dei ladri, che si destreggiavano nelle fasi di carico e di scarico dei bagagli nelle stive. «Il fatto importante - spiega il procuratore della Repubblica di Lamezia, Domenico Prestinenzi - è che noi abbiamo fatto una trattazione unitaria di tutti gli episodi di furto anche se rientranti nelle competenze di altre Procure in quanto solo così è stato possibile valutare la gravità dei fatti. Si tratta di episodi rilevanti sul piano penale e sociale per il danno grave d'immagine e materiale provocato alle compagnie di volo e all'intero sistema nazionale dei trasporti aerei». L'inchiesta peraltro al di là di ogni garantismo lascia poco spazio a dubbi. Nei confronti delle persone coinvolte nell'inchiesta infatti, assicura Prestinenzi, «vi è la certezza assoluta dei reati contestati e della loro identità».
Tutte le persone coinvolte lavoravano direttamente per Alitalia o per società di handling di cui si avvale la compagnia, che peraltro ha attivamente collaborato alle indagini. Alitalia fa sapere di sentirsi parte lesa ma rischia grosso non solo in termini di immagine, già pesantemente offuscata. «Anche i datori di lavoro di queste 86 persone sono responsabili ai sensi dell'articolo 2049 del codice civile per i danni arrecati dal fatto illecito commesso dai lavoratori nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti», spiega il Codacons, che invita i passeggeri che non siano stati a suo tempo risarciti dalla compagnia aerea a richiedere «non solo il rimborso dei danni patrimoniali subiti, ma anche il risarcimento per i danni non patrimoniali».

«I bagagli e il loro contenuto - spiega il procuratore Prestinenzi - vanno considerati come un domicilio domestico».

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