«Siamo vivi. E adesso ci giochiamo la partita». È un Silvio Berlusconi rinfrancato quello che incassa l'accordo con la Lega e guarda con fiducia verso i prossimi appuntamenti elettorali e televisivi. Il tour de force che lo attende è di quelli impegnativi. La sua agenda prevede la sua presenza stasera nel programma di Lilli Gruber, domani sera nel salotto di Porta a porta e giovedì - salvo ripensamenti - il clou con il «duello» con Michele Santoro e Marco Travaglio.
Un salto senza rete nell'arena dei dibattiti più affilati che è pronto ad affrontare con l'animo consueto del combattente, forte del ritorno all'alleanza di sempre. Certo il presidente del Pdl sa bene di aver dovuto mettere sul piatto dell'accordo con il Carroccio qualche rinuncia. «Ma l'importante era creare le condizioni per sfidare la sinistra. Ora Monti diventa un candidato residuale e noi siamo nelle condizioni di lottare per vincere».
Chi ha avuto modo di parlarci assicura che Berlusconi - che è stato invitato al vertice del Ppe di Cipro insieme a Casini, dove invece non è stato chiamato Monti - continui a evocare non tanto lo spirito del '94 quanto quello del 2006, l'anno in cui «partendo da sondaggi che ci davano a meno 12% arrivammo a un passo dalla vittoria. Lottando contro tutto e contro tutti». Per lui nulla è perduto. Tanto che l'ex premier, da appassionato di calcio, porta anche un altro esempio suggerito dall'attualità: quello della Sampdoria che domenica in dieci contro undici è riuscita a violare il campo della Juventus.
Più che altro, però, Berlusconi inizia a fare di conto, fedele al suo eterno ruolo di «motivatore». A più di un dirigente del partito ha disegnato tratto dopo tratto (e percentuale dopo percentuale) la mappa della rimonta. «Se riusciamo ad arrivare al 35% come coalizione possiamo vincere le elezioni», la sua tesi. «E già ora non siamo lontani da quella quota». Gli ultimi sondaggi in suo possesso danno il Pdl vicino al 21% e Fratelli d'Italia vicino al 3%. Se a questo 24 si aggiungono il 5-6% della Lega, il 2% della Destra e il 2% di Grande Sud, quota 34 è alla portata. Berlusconi è convinto che il Pd alla fine prenderà meno voti di quelli che gli vengono accreditati, grazie anche al «fattore Ingroia» e al fatto che Monti finirà per penalizzare Bersani. Non ha affatto rinunciato a vincere al Senato in Sicilia e in Campania. Senza contare la fiducia illimitata che conserva nella sua capacità di farsi valere in campagna elettorale.
C'è un'altra carta, poi, che Berlusconi pensa di mettere sul tavolo: quella di un soggetto di ispirazione cattolica che possa rivendicare l'impegno profuso a favore della famiglia e in difesa dei valori non negoziabili. La tentazione è quella di sfruttare il patto federativo tra l'Adc di Francesco Pionati e la Democrazia Cristiana di Gianni Fontana titolare dello scudocrociato così da utilizzare un simbolo che da solo vale circa l'1%. Gli incontri per definire questa lista sono in corso visto che a Berlusconi non dispiacerebbe affatto ripetere lo schema della Casa delle Libertà, con la copertura della destra, dello spazio cattolico e di quello liberale (senza dimenticare i Riformisti Italiani di Stefania Craxi). Tre le ipotesi in campo. La prima è puntare tutto sul brand Dc (esponendosi però a possibili ricorsi). La seconda è presentare il marchio «Famiglia e Società». La terza è unire le liste cattoliche sotto le insegne di «Intesa Popolare», il movimento di Giampiero Catone e di cui Vittorio Sgarbi è portavoce nazionale.
Non parteciperebbero al progetto né Antonio Mazzocchi, intenzionato a restare nel Pdl con i suoi Cristiano-Riformisti, né Mario Baccini che presenterebbe la sua lista al Senato in almeno sette regioni, né Gianfranco Rotondi. Sarebbero, invece, in corso contatti con Paolo Cirino Pomicino, ormai in guerra aperta con Mario Monti, («uomo che sta costruendo un sistema autoritario senza uguali nella storia repubblicana»).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.