Ora Grillo vuole spegnere Mediaset

RomaSi chiama ineleggibilità l'altro fronte su cui il variopinto polo antiberlusconiano combatte la sua guerra. Teatro della contesa, la giunta per le elezioni del Senato, che ha avviato ieri l'istruttoria sull'ineleggibilità del presidente del Pdl al Senato nel collegio del Molise. Qui una maggioranza potenziale anti Cav c'è: dei 23 componenti 8 sono del Pd, 4 del M5S, uno, il presidente Dario Stefàno, è di Sel e c'è poi il Psi Enrico Buemi.
I più agguerriti sono i grillini. Che ieri hanno scoperto le carte e dichiarato il vero obiettivo: spegnere Mediaset. Tutto nasce dalle concessioni tv, che sono peraltro il presupposto per la presunta ineleggibilità di Berlusconi. «Abbiamo chiesto l'acquisizione delle concessioni per cui Mediaset trasmette e ci è stato risposto da esponenti del partito-azienda che non ci sono concessioni da acquisire», dice il senatore pentastellato e membro della giunta Mario Michele Giarrusso, che aggiunge: «Se la Guardia di Finanza dice che non ci sono concessioni e, quindi, c'è un soggetto che trasmette senza titoli è giusto che venga sanzionato, anche oscurato». Una presa di posizione che è però una bufala, come spiega in serata una nota di Mediaset. «L'istituto della concessione nel settore televisivo - spiegano da Cologno Monzese - non esiste più dal luglio 2012, data in cui tutto il sistema ha abbandonato la tecnica analogica ed è passato alla tecnica digitale. Le trasmissioni digitali hanno luogo in base ad autorizzazione generale e ai diritti d'uso sulle radiofrequenze, secondo la normativa europea che ha vietato il rilascio di titoli individuali quali le concessionì nel settore delle comunicazioni elettroniche come la tv o le telecomunicazioni».
Ma torniamo all'ineleggibilità. Sul tema il Pd è spaccato. Il senatore Felice Casson, ex magistrato e anche lui membro della giunta per le elezioni, è piuttosto agguerrito: «Ho letto le carte relative ai processi Berlusconi e la sentenza d'appello sul caso Mediaset mi sembra molto corretta e ne chiederò l'acquisizione in giunta perché è significativa anche ai fini della questione dell'ineleggibilità». Una tesi molto diversa da quella espressa poche ore prima dal capogruppo Pd alla Camera Roberto Speranza che, intervenendo a Omnibus su La7, si iscrive alle colombe democratiche: «Secondo la legge del 1957 Berlusconi non è ineleggibile quindi noi come sempre abbiamo fatto rispetteremo la legge. Questo è l'orientamento del segretario nazionale ed è condivisibile». «Al Senato - aggiunge Speranza - la procedura è lunga e c'era bisogno di una più ampia discussione» e comunque «un partito non può “stirare” una legge per motivi politici: resto dell'idea che noi dobbiamo battere Berlusconi sul piano politico, non su altri terreni». Dello stesso avviso anche Anna Finocchiaro: «Con la legge che c'è non ci si può pronunciare a favore dell'ineleggibilità di Berlusconi. Ma questo è un mio pensiero. La legge va cambiata». Una schizofrenia che Casson nega: «A me non risultano spaccature nel Pd». E Speranza? «Cosa c'entra, Speranza è alla Camera, qui siamo al Senato. Cominciamo dal Senato poi vedremo».
La guerra a Berlusconi a Palazzo Madama è appena iniziata.

«Nel caso dovesse arrivare l'eventuale sentenza di condanna della Cassazione per Berlusconi - annuncia il presidente Stefàno - non avrò difficoltà, se sarà utile, ad affrontare la questione anche in agosto dell'eventuale interdizione». Far fuori Berlusconi conta molto di più delle vacanze estive.

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