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Ora al Pd piacciono i "partiti personali": alle europee il nome di Renzi nel simbolo

Renzi non si candida. Ma i dem vogliono ugualmente mettere il suo nome nel simbolo del partito. E pensare che fino a ieri la sinistra criticava i "partiti personali"

Ora al Pd piacciono i "partiti personali": alle europee il nome di Renzi nel simbolo

"Il Pd vuole giocarsi la faccia". Sebbene non abbia alcuna intenzione di candidarsi alle elezioni europee, Matteo Renzi sta puntando molto sulla tornata di maggio. I sondaggi, almeno per il momento, sono dalla sua. Anche se la coalizione di centrodestra lo marca stretto e i partiti antieuro rischiano di rubargli una fetta consistente di voti. Prendere una batosta alle urne, indebolirebbe il governo. Lo sa molto bene Beppe Grillo che, in una intervista al Corriere del Mezzogiorno, ha lanciato la sfida al premier: "Vinceremo se metteremo un parlamentare in più del Partito democratico". Qualora dovessero farcela, i Cinque Stelle chiederebbero immediatamente la crisi di governo. Al quartier generale piddì già corrono ai ripari. E, in barba alle sparate contro i "partiti personali" tanto odiati dalla vecchia guardia post comunista, serpeggia l'ipotesi di usare il marchio Matteo Renzi anche alle europee. Ipotesi poi stroncata dallo stesso segretario.

Anche al Pd pacerebbe avere il nome del proprio leader sul simbolo elettorale. Il banco di prova avrebbe potuto essere il voto per le europee, se solo la proposta del vice presidente dei democratici Matteo Ricci non fosse stata subito stoppata dallo stesso segretario. "Proporrò il nome di Renzi sul simbolo del Pd per le Europee. Sarebbe un valore aggiunto", ha detto l'esponente piddino ai microfoni di Agorà. La proposta rompe anni di crociate contro il centrodestra che ha sempre scritto "Berlusconi presidente" all'interno del simbolo. Anche alle ultime elezioni politiche, quando il candidato premier per il Pd era Pier Luigi Bersani, i democrat si erano strenuamente opposti ad aggiungere il nome all'interno del simbolo. E proprio Bersani, in piena campagna elettorale, aveva sferrato un durissimo affondo contro quella che con un'immagine forte aveva descritto come il "cancro della politica". "Io sono l'unico candidato che non mette il proprio nome sul simbolo - aveva rivendicato l'allora segretario del Pd - pur essendo stato scelto da 3 milioni e 200mila persone non metto il nome sul simbolo. Nel Pd Bersani c'è per un po' ma il Pd ci sarà tra 20-50-100 anni". Non era certo l'unico a rivendicarlo. Qualche mese dopo lo stesso attacco era arrivato da Guglielmo Epifani, che nel frattempo aveva succeduto Bersani alla guida del partito. "Tolto il Pd, in Italia sono tutti partiti personali - aveva tuonato - i partiti personali sono per definizione partiti antidemocratici, che rispondono al capo, vivono del leader e muoiono con il leader. È questa la grande mancanza di una destra europea che abbiamo, che ci costringe a essere responsabili quando gli altri non lo fanno".

In realtà non sarebbe la prima volta che il centrosinistra si presenta con il nome del candidato nel simbolo. Nel 2001, er esempio, la sinistra si presentò alle urne con il logo "L'Ulivo per Rutelli - insieme per l'Italia". E le elezioni furono un vero disastro. Sconfitta bissata nel 2008 da Walter Veltroni che corse con il proprio nome nel simbolo. L'intellighenzia rossa non perse l'occasione di attaccarlo per l'eccessivo "personalismo" della candidatura. Va detto, d'altra parte, che Romano Prodi non volle mai il proprio nome nel simbolo, tanto con l'Ulivo nel 1996 quanto dieci anni dopo con l'Unione. Ora pare che il nome del leader potrebbe tornare nel simbolo del partito.

Peccato che stavolta Renzi non sia nemmeno candidato.

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