RomaUna bombetta sul governo Letta in volo sui caccia F35. «Cancellare la partecipazione italiana al programma di realizzazione dell'aereo Joint Strike Fighter-F35» dice testualmente la mozione che stamattina torna in aula alla Camera. Primi firmatari i deputati Marcon di Sel, la Spadoni di M5S e il «montiano-grillino» Sberna (Lista Civica). Ma subito dopo arrivano i nomi di sedici onorevoli del Pd, tra cui il contestatore Pippo Civati, la filosofa Marzano, l'ex rutelliano Gasbarra. L'ala pacifista del Pd sta arruolando altri firmatari («I mal di pancia interni al Pd vanno molto aldilà dei firmatari della mozione» avverte il deputato Pd Giorgio Zanin), ma non è la linea ufficiale del Pd e soprattutto del governo Letta, che ha confermato - per voce del ministro della Difesa, Mario Mauro - l'impegno nel progetto di sostituzione degli attuali 250 caccia italiani con 90 nuovi F35 («Non è uno sfizio, è un programma che l'Italia persegue da circa 20 anni» dice il ministro). Il segretario Epifani, per evitare una clamorosa spaccatura del Pd, che rischia di votare contro il governo Letta sulla mozione F35, ha chiesto di studiare una bozza di mediazione al capogruppo piddino in Commissione Difesa, Giampiero Scanu: «L'obiettivo - spiega Scanu - è di presentare una mozione che venga incontro alle esigenze di una totale trasparenza sul progetto di difesa nazionale, una verifica dell'entità dei costi di tale progetto e la sua compatibilità con l'attuale situazione di finanza pubblica». Il gruppo parlamentare Pd starebbe pensando, come exit strategy, a separare i due aspetti del problema F35. Da una parte quello puramente militare, da rivedere (magari dentro un «modello di difesa europea», come chiedono gli alleati di Lista Civica), dall'altra il versante industriale del pacchetto F35, con i posti di lavoro creati dal programma F35, aerei prodotti dall'americana Lockheed Martin con la partecipazione anche di Alenia-Finmeccanica e altre aziende italiane (da Aerea a Vitrociset), posti da preservare per il Pd dell'ex leader Cgil Epifani (la Fiom-Cgil fece una battaglia a suo tempo per quei posti di lavoro). I posti di lavoro in Italia collegati alla produzione degli F35 sono circa undicimila, che sarebbero messi a rischio dallo stop chiesto dalla mozione sottoscritta dai «pacifisti» del Pd. Un contraccolpo che un'Italia già in crisi occupazionale non può permettersi. «Non so che esito avrà l'iniziativa in corso, ma considero sorprendente l'inconsapevolezza di alcuni esponenti politici sull'importanza industriale ed occupazionale del programma F35», dice a formiche.net il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore della Difesa. Lo stabilimento italiano che produrrà gli F35 è quasi pronto, i caccia inizieranno a essere assemblati a Cameri, Novara. Stabilimento che è già costato all'Italia 800 milioni di euro, oltre ai 2miliardi già spesi per contribuire al progetto internazionale.
La mediazione Pd non dovrebbe, dunque, prevedere l'interruzione brusca del progetto, ma una rimodulazione.
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