MilanoE dopo l'ex sindaco Gabriele Albertini e l'avvocato Umberto Ambrosoli, il figlio dell'eroe borghese, ora c'è anche la candidatura di Roberto Maroni. Ufficiale da ieri con l'unanimità dal consiglio federale della Lega a cui hanno partecipato anche il presidente Umberto Bossi e il segretario lombardo Matteo Salvini. Secondo una nota, Maroni ha assicurato «l'impegno a costruire intorno alla sua figura un'ampia coalizione col sostegno di altre forze politiche e di una o più liste civiche che siano rappresentative del tessuto sociale ed economico della Lombardia». Non molto per risolvere quel rebus delle alleanze che sta avvelenando il centrodestra. Perché di fronte a una sinistra pronta a muovere compatta con uno schieramento che andrà dai cattolici del Pd, fino agli autonomi dei centri sociali così come è già stato per eleggere sindaco Giuliano Pisapia, il campo dei moderati rischia di presentarsi frammentato. E dunque perdente, indebolito anche da una candidatura non certo politicamente connotata a sinistra come quella di Ambrosoli, nome in grado di raccogliere i voti della borghesia e di larghe fette della società civile anche non schierata a sinistra. «E se noi andiamo avanti così - confessava ieri un big del Pdl - rischiamo di andare a sbattere contro il muro. E di farci molto male».
Preoccupati i colonnelli del Pdl, perché il disegno di Silvio Berlusconi che avrebbe voluto un accordo con la Lega sul nome di Maroni, magari in cambio di un appoggio alle prossime elezioni politiche, è oggi difficile da realizzare. A romper le uova nelle urne, la fuga in avanti di Albertini che, pur avendo ancora in tasca la tessera del Pdl e un seggio al parlamento europeo, proclama la sua distanza dal partito. Nonostante Roberto Formigoni (che ieri ha incontrato Angelino Alfano) sia il vero artefice dell'operazione Albertini. Che ormai difficilmente potrebbe desistere per far convergere i voti su Maroni, ma altrettanto difficile che Maroni riesca a convincere i leghisti a rinunciare alla crociata promessa per conquistare Palazzo Lombardia. E per di più votando Albertini, un uomo mai troppo amato dal Carroccio. Una via d'uscita sarebbe individuare un «terzo uomo» gradito a tutti come l'ex ministro Giulio Tremonti che dopo l'invito a cena di Berlusconi, ieri è stato un'ora nella sede della Lega in via Bellerio. Le trattative sono in corso. «Porte aperte al Pdl - ha detto ieri Maroni ai suoi - ma solo a patto che converga sul candidato della Lega». E così il vero rischio è che la divisione porti in carrozza le sinistre a conquistare la Lombardia dopo decenni di opposizione. Con Albertini che, incassato l'appoggio dei movimenti di Oscar Giannino e Montezemolo, potrebbe consolarsi della sconfitta riproponendo la stessa formazione alle politiche. Conquistando un seggio in parlamento, ma soprattutto avviando il progetto del partito dei moderati nell'era post Berlusconi.
In un centrosinistra sull'orlo di una crisi di nervi, intanto, la conferma che le primarie si faranno. A nulla è servito il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che avrebbe voluto spianare la strada ad Ambrosoli evitandogli il confronto con Fabio Pizzul. Un uomo molto amato dalla curia e nelle parrocchie che però sarà convinto a farsi da parte.
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